Frode sull’Iva da mezzo milione di euro. Tre gli indagati e via libera al sequestro di beni
Fascicolo di indagini preliminari chiuso dalle Fiamme Gialle di Bassano del Grappa nei confronti di un’azienda di dispositivi elettrici e tecnologici con sede a Cassola, accusata di aver evaso sistematicamente l’Iva su un imponibile di oltre 2 milioni di euro, non versando le imposte dovute per un ammontare stimato in 478 mila euro. Esattamente il controvalore dei beni materiali collegati alla società a responsabilità limitata (una srl dunque) posto sotto sequestro preventivo dopo l’autorizzazione ottenuta dal Tribunale di Vicenza.
In particolare, i finanzieri del gruppo di Bassano hanno tutelato l’erario pubblico andando ad attingere al profitto illecitamente accumulato dalla ditta, dai membri del consiglio di amministrazione e dagli amministratori delegati della stessa, i quali hanno preso parte a un’articolata frode Iva nella commercializzazione di prodotti tecnologici.
Le investigazioni avviate dopo la verifica fiscale eseguita nei confronti della società poi dichiarata fallita sono state condotte anche attraverso mirate indagini finanziarie e hanno consentito di riscontrare che la società avrebbe simulato di acquistare, da un’impresa con sede a Milano – anch’essa dichiarata fallita e coinvolta nella commissione di vari reati tributari – ingenti quantità di elettrodomestici, per poi procedere fittiziamente a rivenderli in favore di una società terza con sede indicata in Slovenia. Ma, di fatto, poi risultata del tutto inesistente.
Nello specifico, la prima fase della frode – consistente in falsi acquisti da fornitori nazionali – ha permesso alla società di maturare un credito nei confronti dell’erario, mentre la seconda fase – cioè quella di rivendita fittizia dei beni in favore di una azienda estera – è avvenuta senza l’addebito dell’Iva. Tale condotta ha consentito di generare un inesistente credito fiscale poiché le operazioni commerciali non sono mai avvenute e, come dimostrato dalle indagini di polizia giudiziaria eseguite, sono state simulate ricorrendo all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con formazione di una provvista di denaro di cui hanno illecitamente beneficiato i componenti del consiglio di amministrazione della società italiana, privata delle risorse aziendali dagli indagati e successivamente dichiarata fallita.
Il Gip del Tribunale di Vicenza ha accolto la tesi accusatoria della Gdf bassanese, giudicata attendibile e comprovata da documenti certi, autorizzando il decreto di sequestro di denaro e beni in capo all’azienda in chiusura e per la parte residua ai tre soggetti indagati, quind anche sulle disponibilità personali, dei quali però non sono state rese note le identità per il momento.