Il Convento dei frati Cappuccini sarà chiuso: “obbediremo”. Ma si pensa ad un appello al Papa
Il voto evangelico di obbedienza viene davvero messo a dura prova stavolta perfino per i frati Cappuccini che vivono nel convento di Bassano del Grappa a Margnan, l’ultimo attivo nella Diocesi di Vicenza tra i pochi rimasti in piedi Veneto. Il Capitolo Provinciale dei religiosi Frati Mnori Cappuccini – per inciso votati a povertà e castità oltre che a obbedienza -, svoltosi nel fine settimana, ha preso una decisione, e la sentenza pare inappellabile: la storica sede di via san Sebastiano sarà dismessa entro l’anno.
A serio rischio il museo interno e soprattutto la ricca biblioteca cinquecentenaria, la mensa dei poveri – un sessantina i pasti preparati al giorno – e anche l’appuntamento sacro con la messa che porta ogni settimana decine di bassanesi a far visita al convento del Margnan. Con buona pace di raccolte firme e petizioni, messaggi da parte di testimonial del mondo dello sport e dello spettacolo, disponibilità a mettere le mani al portafogli di imprenditori della zona e altre iniziative di contorno tra cui un punto ristoro, innalzando una generale mobilitazione sorta nelle ultime settimane per salvare i Cappuccini a Bassano.
Scoramento da parte del priore del convento, fra Lanfranco Dalla Rizza, portavoce della piccola comunità di frati, oggi in tutto 9 in pianta stabile qui e per lo più di età avanzata. Lui vive nel convento del Margnan da “soli” 5 anni, ma si è fatto carico della vicenda in corso con coraggio mediando le diverse esigenze di confratelli e superiori, oltre a quelle dei fedeli più affezionati ai Cappuccini. O, almeno, provandoci. In virtù delle regole a cui ha prestato giuramento per libera scelta, non può andare contro al volere sancito da un organismo superiore, ma i rigidi doveri di obbedienza ed umiltà non possono oscurare le profonda delusione per una scelta collegiale calata dall’alto da Mestre – sede del Capitolo – che invece “obbedisce” a criteri prima di tutto di economicità: troppo vasta la struttura per così pochi frati residenti, troppo alti i costi per mantenerla in piedi. Mentre le mani di 8 mila persone hanno aderito alla petizione per salvare la “casa fraterna”. Sconsolata anche Elena Donazzan, assessore alla Regione Veneto, che insieme a Sandro Venzo e altri si era battuta per scongiurare la chiusura: “Il dolore è grande e la tristezza infinita – scrive e la donna nel gruppo Fb Salviamo i frati a Bassano -, l’esito infausto non rende meno bello ciò che abbiamo fatto. Il dolore é una profonda forma di vita e ci fa capire quanto importanti siano alcune cose in cui crediamo, alcune persone che abbiamo accanto”.
Un paradosso che in molti, nelle città del Grappa, faticano a digerire. Tanto che qualcuno ha abbozzato l’idea di rivolgere un appello a Papa Francesco nell’ultimo tentativo utile per salvare la casa dei Cappuccini bassanesi, qui presente dal ‘500. A fine marzo si attende un incontro tra il priore bassanese e i confratelli di grado superiore, ma si tratterebbe solo di un incontro volto a sancire i tempi della dismissione della sede, secondo prassi. E c’è chi parla perfino di una sorta di “privatizzazione” del convento, con un’Onlus a gestirlo, “chiavi in mano” a chi oggi indossa il saio, utopia però se non andando contro ai principi sanciti nell’Ordine.
Almeno, nel frattempo, la comunità religiosa continuerà nella sua opera di accoglienza dei poveri e di celebrazione delle messe per i fedeli. Obbedendo qui, prima di tutto, al proprio senso di dovere e non a quello imposto.