Addio ad Angelin, reduce di Russia e anima della “Rosina” meta di buongustai e ciclisti. Aveva 102 anni
Non ha potuto spegnere solo per pochi giorni le 103 candeline ma ha tenuto acceso, per tutta la sua longeva esistenza, tanto interesse intorno alla sua storia personale. Quella di soldato, di viaggiatore, di ristoratore e di testimone dei “suoi” tempi. E’ un lutto che coinvolge una comunità intera e più generazioni quello che a Marostica e dintorni è giunte nelle case ieri, dopo la morte di Angelo Lunardon, fondatore del ristorante “La Rosina” per come lo si conosce oggi, dopo aver ereditato la tradizione di famiglia (l’attività è stata fondata nel 1917), tramandandola poi a sua volta.
Meta di clienti buongustai della cucina tipica vicentina e veneta, e anche un must per il mondo del ciclismo, con la mitica salita della Rosina teatro di sfide memorabili nelle tappe venete del Giro d’Italia. Per tutti, e non solo a tra le colline della zona era da sempre “Angelin dea Rosina“, un uomo senza tempo e che di avventure ne aveva vissute fin troppe, forte dell’orgoglio di essere stato militare nella fanteria della Divisione Pasubio, fino al momento giunto ad inizio autunno di posare uno zaino di soldato zeppo di ricordi. Angelo si è spento nel corso della notte, poco prima dell’alba, serenamente.
Con un post corredato di immagini, sui social media dell’esercizio pubblico il “leader“, così come viene definito, a Lunardon viene tributato un saluto speciale. Che ne ricorda anche le esperienze – terribili e per certi versi spericolate – della sua gioventù, a quando da soldato non ancora ventenne fu chiamato alle Armi affrontò prima la tragica Campagna di Russia, tornando in Italia da reduce, per poi sfuggire ai rastrellamenti nazisti dopo essersi unito alla lotta partigiana. Nel suo diario di vita, dopo la Russia, anche il Nordamerica, a quando nel secondo Dopoguerra emigrò in Canada per lavorare. Poi il rientro in Veneto, prendendo in mano e trasportando negli anni del boom economico “La Rosina”, che prende la sua origine dalla madre e anche dalla moglie di Angelo, Rosa, che destino volle che portassero stesso nome di battesimo.
Angelo Lunardon, della classe 1921 e uno degli ultimi reduci della Seconda Guerra Mondiale solo fino a ieri ancora viventi nel Vicentino, lascia i figli Rita e Gaetano – un terzo, Severino, è mancato prematuramente in un incidente strale – e folta discendenza, che insieme con lui poco meno di tre anni fa ne avevano festeggiato il 100° compleanno. Il secolo di vita, traguardo simbolico riservato a pochi. Per conoscere data e luogo della celebrazione delle esequie solenni si dovrà attendere almeno fino a domani. Tra le sue passioni, oltre alla cucina, la montagna e la caccia.
“Non riusciremo mai ad elencare tutto quello che Angelo è per noi – si legge nel messaggio pubblico –, ed è stato per molte persone: ognuno custodisca nel suo cuore la sua figura mitologica. Noi sappiamo che, come fante reduce di Russia, se non fosse riuscito a ritornare a casa, tutta questa nostra storia non esisterebbe. Invece abbiamo la fortuna e l’onore non solo di ricordarlo, e di averlo vissuto con una energia e salute esemplari fino ad oggi, ma di raccoglierne i suoi frutti, insegnamenti, segreti, aplomb, e raccontarne la storia e le gesta che fanno parte integrante del nostro Dna!”.
In conclusione al ricordo, una frase che fa riflettere e insieme commuovere: “Ti amiamo. Tu sempre con noi, i tuoi eredi, il tuo futuro”. Un libro biografico, scritto dall’autore vicentino Enzo Segalla, ne racconta la storia, e forse da oggi assume un valore ancor più significativo per la testimonianza preziosa lasciata a disposizione non sono di chi gli ha voluto bene e oggi lo piange per quanto con la serenità dovuta, ma per chiunque voglia conoscere uno spaccato di quegli anni e di quella sua vita. Quella di “Angelin dea Rosina”.