Cacciatore-bracconiere scovato dalla guardie zoofile dell’Enpa
Ancora una volta un controllo (dietro segnalazione) nei confronti di un cacciatore ha portato a scoprire una situazione di bracconaggio.
La segnalazione arrivata al Nucleo Guardie Zoofile di Vicenza dell’Enpa e parlava di una situazione di animali detenuti in condizioni inidonee a Marostica. In particolare, si sarebbe trattato si di cavalli e di parecchi cani costretti a vivere costantemente nei piccoli box, oltre ad altri animali.
La visita delle Guardie Zoofile, lo scorso 4 ottobre, aveva portato a dare precise prescrizioni sulla detenzione di alcuni di questi animali, ma nel corso del controllo, nei pertinenze dell’abitazione tra alcuni annessi e il bosco davanti alle guardie si è palesata una situazione ancora più grave: uccelli appartenenti alla fauna selvatica erano infatti detenuti stabilmente nelle classiche gabbiette da utilizzare solo per la movimentazione, quindi di dimensioni che non permettono loro di muoversi liberamente o di aprire le ali.
Gli uccelli erano inoltre sprovvisti di qualsiasi documento e dell’anello identificativo e da quello che è trapelato il cacciatore non avrebbe saputo (o voluto) fornire alcun riferimento sulla provenienza degli animali e quindi probabilmente illecita, secondo le guardie. Alcuni volatili infatti erano delle specie pispole, passere scopaiole, lucherini, pettirossi e sono di specie “particolarmente protetta”, segnalate dalla Convenzione di Berna come minacciate. Trovate inoltre anche quaglie e una cesena, anche questi sprovvisti degli anelli e della documentazione che ne attesti la proprietà.
Le Guardie hanno fatto quindi scattare immediatamente il sequestro degli uccelli e il cacciatore è stato denunciato alla Procura della Repubblica per detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze e la detenzione di animali sottoposti a tutela. Il pubblico ministero Jacopo Augusto Corno ha poi convalidava l’operato delle guardie zoofile e indagato il cacciatore.
L’indagine ha fatto emergere anche la situazione di sei cani da caccia, detenuti probabilmente costantemente nei piccoli box di se-sette metri quadrati, spazi dove questi animali di stazza grande in coabitazione con la cuccia le ciotole e altro riescono appena a muoversi e non certo a sgambarsi.
“Sulle condizioni di detenzione dei cani da caccia e degli uccelli da richiamo abbiamo predisposto un protocollo che condivideremo con le altre forze di polizia” ricorda Renzo Rizzi, ispettore regionale delle guardie Enpa. “La legge 189/2004 – spiega – ha modificato infatti il sistema penale sugli animali dandogli delle tutele dirette, colmando anche le lacune lasciate dodici anni prima dalla legge 157 del 1992, conosciuta anche come legge sulla caccia, la quale ha dettato le linee per la protezione della fauna selvatica quale bene indisponibile dello Stato, senza però entrare nel merito del benessere degli animali. La legge 189 infatti afferma che chi maltratta un animale deve risponderne a livello penale, anche se questo animale si è autorizzati ad ucciderlo, in pratica un animale ferito dal cacciatore deve essere abbattuto nel minor tempo possibile per evitargli ulteriori inutili sofferenze”.
“Troppe volte – aggiunge Rizzi – succede che una lepre inseguita da una muta di cani ferita e sfinita non riesca più a correre, i cani le arrivano addosso e la fanno a pezzi. In questi casi i cacciatori presenti devono intervenire per abbatterla prima che questo evento si verifichi. Lo stesso vale per il cacciatore da capanno: quando ferisce un animale deve uscire ed abbatterlo, non può lasciarlo agonizzare a terra per un tempo indefinito, così come non può maltrattare o detenere in condizioni incompatibili con la propria natura il cane o gli uccelli che utilizza per la sua attività ludica”.