Rapine e minacce, imprenditore preso di mira dalla banda: cinque identificati, tre in carcere
Ci sono voluti due anni, ma alla fine le indagini dei Carabinieri di Bassano del Grappa hanno portato all’arresto di 6 soggetti identificati, rintracciati e ritenuti gli artefici di una rapina per così dire “diluita” nel tempo che ha assunto i toni di una persecuzione nei confronti di un imprenditore vicentino. Residente a Marostica e con sede dell’attività economica a Schio. Oltre al sestetto per cui sono scattate le manette all’alba di martedì si aggiunge un settimo elemento, ritenuto il basista, per aver fornito al gruppo criminale le informazioni necessarie per agire. Praticamente a colpo sicuro.
Gli antefatti risalgono al 1 aprile del 2021, quando la banda s’introdusse nell’abitazione del malcapitato imprenditore di Marostica. In tre, armati di pistola. In quell’occasione furono asportate due coroncine laccate d’oro e un ospite del proprietario presente in quei giorni fu minacciato. In seguito, la rapina vera e propria (però fallita) si concretizzò a Schio nella sede produttiva dell’azienda guidata dal marosticense. Di certo una condotta “fuori dagli schemi” che avviò quindi approfondite indagini ulteriori.
I soggetto detenuti dall’altra mattina in carcere a Vicenza su ordine del Gip hanno tutti dai 23 ai 31 anni, di origini straniere. A loro si aggiunge la custodia con il regime di domiciliari per un 55enne italiano residente a Schio, e per un 26enne residente in Lombardia nella provincia di Varese, coinvolto nelle azioni illecite, è stato emesso un divieto di dimora nella Regione Veneto. A questi cinque si aggiungono altri due indagati. I nominativi sono stati resi noti dal comando provinciale: si tratta nel dettaglio di Sami Rizaoui (27, residente a Gallarate), Ilyass Achraoui (31, Schio), Omar Brybry (23, Thiene) e Carmelo Giacchi (55, Schio, il presunto basista). Misura interdittiva riguarda H.Z., 26enne di Cassano Magnago (Varese). Residuano infine due indagati inseriti nella stessa ordinanza, per i quali sono in corso accertamenti idonei alla loro reperibilità.
In tre, riconosciuti nei primi sopracitati, la notte del 1 aprile di due anni fa, a volti travisati entrarono nella casa dell’imprenditore, con accesso dalla porta scorrevole della cucina dopo averla scardinata con un piede di porco. Una volta all’interno, al 1° piano si erano imbattuti in una persona che stava dormendo nella stanza degli ospiti, per poi minacciarla con arma semiautomatica: facendo inoltre delle foto sui documenti intimando così di conoscere il suo indirizzo effettivo nel caso avesse creato loro problemi. Si portarono via solo le due coroncine del valore di appena 100 euro, fuggendo a piedi tra i campi intorno.
In seguito a questo fatto, si scoprì che due giorni prima, allo stesso modo degli sconosciuti avevano tentato di introdursi nella stessa villa, allontanati da un nipote per pura casualità presente in casa. I giovani individui erano stati visto nel giardino esterno, nel corso di un probabile sopralluogo che ha preceduto l’irruzione. La cronistoria della vicenda passa all’11 aprile, quando in tre complici, in auto, tentarono di asportare preziosi stavolta nella ditta di Schio, dopo il colpo fallito a Marostica. La banda cercava qualcosa di preciso, si crede in base alle informazioni fornite dal basista, e si appoggiava su almeno un “palo”, il giovane lombardo.
A farli desistere il sistema di videosorveglianza che aveva attivato la chiamata al 112 con l’arrivo dei Carabinieri. “L’immediata predisposizione di articolata attività di indagine – si legge nella nota – con analisi dei fotogrammi e filmati dei varchi dei circuiti di video sorveglianza comunali, analisi dei filmati delle case/ditte ubicate nelle immediate vicinanze della casa rapinata, disamina dei dati di traffico telefonico, testimonianze di una pluralità di persone, integrati da servizi di osservazione e pedinamenti, perquisizioni personali e locali degli indagati e sequestri dei loro telefoni cellulari da parte dei militari operanti, coordinata da questa Procura, hanno consentito di giungere alla fondata conclusione in ordine alla responsabilità di tutte le persone sottoposte a misure cautelari”.