Il ministero autorizza lo smartphone in classe. Ma al Brocchi si preferisce il dialogo
Un cartello affisso in ogni classe che invita gli studenti a chiacchierare? Sembra un paradosso ma è proprio così. Succede a Bassano del Grappa, precisamente all’interno dello storico Liceo Brocchi, che si articola in sei indirizzi e che conta oltre due mila alunni, dove al “via libera” all’uso – regolato e coerente – dello smartphone a scuola decretato dal Miur si oppone un messaggio a metà tra il monito e l’invito, rivolto a tutti dal dirigente scolastico Giovanni Zen: “Non abbiamo Wi-Fi. Parlate un po’ tra voi!”.
Non occorre specificare che la “ciacola” tra compagni di classe e amici va rigorosamente intesa tra un’ora e l’altra o nel corso dell’intervallo. Giammai durante le lezioni, insomma, perchè l’intento è chiaro: favorire il dialogo a viva voce e vivi sguardi, troppo spesso ammaliati e calamitati dai display dei telefoni cellulari, tra una “controllatina” al social più in voga tra i teenager e le innumerevoli chat di messaggistica istantanea.
Una sorta di deterrente bonario, quello deciso dal preside bassanese, che gioca d’anticipo sulle direttive ministeriali in profumo di attuazione e che stanno suscitando un vespaio di reazioni spinose su scala nazionale. Linee guida distribuite agli istituti superiori che aprono alla tecnologia e che, in nome della necessità di lanciare (al galoppo) la scuola al passo con i tempi, riassumono in un decalogo le motivazioni per cui il matrimonio tra smartphone e la didattica “s’ha da fare”. In funzione dell’educazione alla “cittadinanza digitale”, come recita il punto conclusivo della lista dei comandamenti profano nell’era dello smartphone.
Il dirigente, in un’articolata lettera pubblica, dipana e analizza i vari punti e propone il sistema della cartellonistica al fine di consigliare agli adolescenti un utilizzo consapevole, nelle pause, mentre toccherà ai professori regolarne l’uso durante le lezioni. Ok alla scuola più tecnologica possibile, ma prima attenzione alle relazioni personali. L’uso dei dispositivi mobili in classe sarà non solo ammesso ma “promosso dai docenti, nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni”, secondo il Ministero della Pubblica Istruzione.
Una novità annunciata dal vertice del dicastero Valeria Fedeli a Bologna, nell’ambito di “Futura” (una tre giorni di eventi sul tema della scuola digitale), che avrà la sua concretizzazione in un decalogo di punti che ne fissano i criteri generali di utilizzo e una piattaforma on line disponibile dalla prossima settimana. Toccherà poi ad ogni istituto in piena autonomia, come spiega Zen, adottare una propria Politica di uso accettabile (denominata Pua) delle tecnologie digitali.
Vi proponiamo il decalogo:
1. Ogni novità comporta cambiamenti. Ogni cambiamento deve servire per migliorare l’apprendimento e il benessere delle studentesse e degli studenti e più in generale dell’intera comunità scolastica.
2. I cambiamenti non vanno rifiutati, ma compresi e utilizzati per il raggiungimento dei propri scopi. Bisogna insegnare a usare bene e integrare nella didattica quotidiana i dispositivi, anche attraverso una loro regolamentazione. Proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione. A questo proposito ogni scuola adotta una Politica di Uso Accettabile (PUA) delle tecnologie digitali.
3. La scuola promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali. Fornisce, per quanto possibile, i necessari servizi e l’indispensabile connettività, favorendo un uso responsabile dei dispositivi personali (BYOD). Le tecnologie digitali sono uno dei modi per sostenere il rinnovamento della scuola.
4. La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica. La presenza delle tecnologie digitali costituisce una sfida e un’opportunità per la didattica e per la cultura scolastica. Dirigenti e insegnanti attivi in questi campi sono il motore dell’innovazione. Occorre coinvolgere l’intera comunità scolastica anche attraverso la formazione e lo sviluppo professionale.
5. I dispositivi devono essere un mezzo, non un fine. È la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi. Non basta sviluppare le abilità tecniche, ma occorre sostenere lo sviluppo di una capacità critica e creativa.
6. L’uso dei dispositivi promuove l’autonomia delle studentesse e degli studenti. È in atto una graduale transizione verso situazioni di apprendimento che valorizzano lo spirito d’iniziativa e la responsabilità di studentesse e gli studenti. Bisogna sostenere un approccio consapevole al digitale nonché la capacità d’uso critico delle fonti di informazione, anche in vista di un apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
7. Il digitale nella didattica è una scelta: sta ai docenti introdurla e condurla in classe. L’uso dei dispositivi in aula, siano essi analogici o digitali, è promosso dai docenti, nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni.
8. Il digitale trasforma gli ambienti di apprendimento. Le possibilità di apprendere sono ampliate, sia per la frequentazione di ambienti digitali e condivisi, sia per l’accesso alle informazioni, e grazie alla connessione continua con la classe. Occorre regolamentare le modalità e i tempi dell’uso e del non uso, anche per imparare a riconoscere e a mantenere separate le dimensioni del privato e del pubblico.
9. Rafforzare la comunità scolastica e l’alleanza educativa con le famiglie. È necessario che l’alleanza educativa tra scuola e famiglia si estenda alle questioni relative all’uso dei dispositivi personali. Le tecnologie digitali devono essere funzionali a questa collaborazione. Lo scopo condiviso è promuovere la crescita di cittadini autonomi e responsabili.
10. Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola. Formare i futuri cittadini della società della conoscenza significa educare alla partecipazione responsabile, all’uso critico delle tecnologie, alla consapevolezza e alla costruzione delle proprie competenze in un mondo sempre più connesso.