Addio a don Stoppiglia, il prete operaio al servizio degli ultimi e dei bambini di strada
Si terranno giovedì 26 settembre alle ore 15 nella chiesa parrocchiale di San Vigilio a Pove del Grappa i funerali don Giuseppe Stoppiglia, prete operaio, fondatore dell’associazione Macondo e grande esempio di impegno in favore degli ultimi, con un’attenzione particolare al Sudamerica.
Don Giuseppe – 82 anni, originario della Valbrenta – è morto martedì sera. Ordinato sacerdote nel ’65, visse i primi anni da prete nel ferrarese, a Comacchio, dove fu parroco per dieci anni, nonché insegnante di religione e direttore di una scuola professionale. Nei caldi anni ’70 scelse di vivere il sui ministero fra i lavoratori, diventando prete operaio e lavorando in un’azienda metalmeccanica bolognese. Diventò anche rappresentante sindacale della Fim Cisl. Negli anni ’80 in sindacato chiesto di formare i quadri sindacali, prima in Emilia Romagna e poi in Veneto.
All’impegno per i lavoratori affiancò, fin da subito, l’amore per il Sudamerica e la sua attenzione si focalizzò in particolare sull’aiuto ai bambini di strada brasiliani. Nel 1988 fonda l’associazione Macondo, molto attiva nel bassanese e non solo: ne è rimasto presidente fino al 2014 e ancora domenica scorsa aveva presenziato, nonostante le precarie condizioni di salute, a Marostica alla marcia organizzata dall’associazione. E’ stato inoltre direttore della rivista Madrugada e autore di libri e pubblicazioni. Negli ultimi anni ha vissuto a Campese, insieme a don Gaetano Farinelli.
L’ultimo pensiero pubblicato da don Giuseppe Stoppiglia, che nonostante l’età non disdegnava di usare i social, risale al 21 settembre e parla del male e del bene: “Assumere il proprio male come si assume una malattia o un difetto, per limitarlo con l’autocontrollo e opporgli antidoti di bene. Il male è centripeto, introverso: orgoglio, volontà di potenza, dominio. Considera gli altri come estranei oppure degli ostacoli. Il bene procede diversamente: si rivolge agli altri con attenzione, li valorizza, li rispetta, li aiuta, è dono, servizio, cura. Lavora a rovescio, infatti, giusto è colui che lavora per il bene comune, più che il proprio“.
“Il nostro fondatore, fratello, amico, maestro Giuseppe Stoppiglia ci ha lasciati martedì sera” ha scritto l’associazione sul sito internet. Nell’annuncio funebre, don Giuseppe viene definito “prete e viandante” che, “come solo i maestri sanno fare, se n’è andato quando lo ha ritenuto opportuno. Tutti coloro che lo hanno conosciuto portano un frammento di lui, quello che è necessario per leggere il mondo, incontrarlo, amarlo, cambiarlo. Una sola persona che ha seminato nel cuore di migliaia la curiosità per la vita, ha indicato una direzione, la priorità dell’agire: gli ultimi, i deboli, soprattutto i bambini”.
Toccante anche il ricordo della segreteria provinciale della Cisl. “E’ difficile ricordare tutti gli elementi che lo hanno caratterizzato: confidente, sferza, formatore, provocatore, richiamo radicale ai valori, esempio, educatore sociale. Difficile perché Giuseppe, anzi don Giuseppe perché il suo essere uomo non era separabile dal suo essere uomo di Dio, non si poteva rinchiudere in uno schema interpretativo, perché andava oltre. Di lui ci rimane la forza delle parole (quelle dell’uomo e quelle di Dio), la forza della storia personale (prete, operaio, sindacalista, volontario), la forza dell’esempio e delle iniziative (Macondo, i bambini di strada…)”.
“Ascoltare Giuseppe – scrive ancora il sindacato vicentino in una nota – ti arricchiva e ti motivava. Dopo che lo avevi ascoltato spesso non ricordavi la traccia del suo discorrere (cosa invece che c’era sempre come risulta chiaro nei suoi testi scritti che sono stati il modo di comunicare negli ultimi anni segnati dalla malattia) ma ti rimaneva dentro la voglia di essere partecipe e protagonista per costruire un mondo migliore. Tutto questo Giuseppe lo sapeva esprimere con naturalezza e nessuno di noi può dimenticare, quasi la sintesi di una vita e di un modo di essere, quello che ha scritto in occasione della morte di Bruno Oboe”.
“La scomparsa di don Beppe – afferma Gianni Zen, preside del liceo Brocchi – ha colpito un po’ tutti. Perché non era un prete come gli altri. Era un prete che aveva fatto della ‘incarnazione’ la regola della sua vita. Cioè la convinzione che la fede se non è vita non è fede, ma ideologia al servizio di altre fedi tutte umane. La fede in Cristo, in altri termini, come ‘segno di contraddizione’ rispetto alle logiche dominanti ogni epoca storica, anzitutto la logica del potere, del dominio, della sopraffazione. In lui davvero Cristo si rivelava nei più umili, nel grande ‘discorso della montagna’. Ciao don Beppe, mi auguro che tu possa ora assaporare la vera gioia, la vera felicità, la vera fraternità. In Cristo”.