Scaraventa la moglie sul divano e le stringe le mani al collo. Salvata dai figli e dai Carabinieri
Una prima denuncia era già stata formalizzata ai carabinieri a maggio, arrivata dopo anni – circa venti secondo la testimonianza della donna – di violenze subite in casa, da parte del marito dall’indole aggressiva e prevaricatrice. Mai, fino al maggio scorso, aveva trovato la forza di rivolgersi alle forze dell’ordine la 39enne di origini albanesi che martedì sera ha rischiato di venire strangolata dal marito, in preda ad furia incontrollata. I gravi fatti si sono svolti in un in appartamento di Bassano del Grappa, condivisi dalla coppia con i tre figli.
Solo grazie all’intervento dei due più grandi la vittima dell’aggressione in atto è riuscita a divincolarsi dalla stretta dell’uomo, che prima l’aveva gettata di peso sul divano in salotto, al culmine dell’ennesima lite tra le mura domestiche. Con spesso, in queste situazioni di tensione esacerbata, spettatori il più delle volte impotenti gli stessi frutti della loro unione.
Per fortuna, poi, un vicino di casa, evidentemente allarmato dalle insistenti urla provenienti dall’abitazione, ha composto il numero del 112, consentendo ai Carabinieri di intervenire in tempo per scongiurare un dramma. E di arrestare il 53enne, poi arrestato in flagranza di reato e trasferito immediatamente in carcere, applicando le norme contenute nel “codice rosso” di contrasto della violenza di genere e le relative azioni di prevenzione. Ora nei suoi confronti sono state formalizzate due distinte denunce per maltrattamenti in famiglia e per lesioni aggravate.
Queste lesioni patite dalla moglie hanno reso necessarie le cure del pronto soccorso al San Bassiano e dimissioni con prognosi di guarigione di 5 giorni, documentando gli effetti della violenza. Prima di un mese fa, quando la 39enne si è recata nella stazione dell’Arma locale con coraggio, la donna non aveva voluto/potuto raccontare il clima di tensione che per anni ha sopportato, picchiata sistematicamente tra le mura di casa. Questo senza mai recarsi nei centri di assistenza o sportelli di aiuto né farsi curare i lividi eredità delle botte ricevute dal convivente. Una prigionia silenziosa, per 20 anni.