Nuovo colpo assestato al clan Caldaras, attivo nel racket tra Italia e Romania
Tentata estorsione in concorso con l’aggravante della transnazionalità. Questo il capo d’accusa in base a cui una task force composta da poliziotti della Questura di Vicenza e carabinieri del comando provinciale berico hanno bussato alla porta di Costa Caldaras, 43enne rumeno ritenuto in sede di indagini membro di una banda di individui specializzata in estorsioni, mettendogli le manette ai polsi. Il rumeno, volto noto della famiglia dedita al racket con diramazioni nel Vicentino e che ha creato subbuglio in particolare a Bassano del Grappa (si ricorda l’episodio di fronte al Grifone), farebbe parte di un’organizzazione criminale che ha intimato la consegna di 50 mila euro ad un altro cittadino balcanico, sotto minaccia di morte.
Si tratta complessivamente di otto persone coinvolte nelle indagini. Costa Caldaras era stato arrestato in patria nel passato recente, prima di venire raggiunto da un ordine di cattura reso esecutivo ieri mattina dalle forze dell’ordine. Il primo “lotto” di arresti è avvenuto lo scorso 8 novembre 2018 dai carabinieri bassanesi, mentre ai primi di gennaio un altro terzetto di individui fu rimpatriato nell’arco di poche ore. Altri fiancheggiatori del clan, infine, furono fermati nei dintorni di Timisoara, tra cui il “fresco” e nuovo detenuto affidato alla casa circondariale Del Papa di Vicenza.
Già in Romania, il gruppo di malintenzionati aveva preso di mira una vittima, intimando la consegna di una “tangente” – da 20 mila euro – al fine di consentirgli l’acquisto di un’abitazione ubicata nel territorio su cui la banda vantava una sorta di protettorato. Un ricatto in piena regola in altre parole che, di fronte al rifiuto, scatenò una serie di ritorsioni di stampo chiaramente malavitoso. In quell’occasione, secondo il materiale informativo raccolto dai militari attraverso lo scambio di indagini, furono esplosi colpi d’arma da fuoco che rischiarano di ferire a morte una bambina. Da qui, probabilmente, la decisione di lasciare il paese d’origine e trasferirsi in Italia da parte della famiglia in pericolo, contando di sfuggire alle persecuzioni della malavita locale, scatenando nel sottobosco una faida tra gruppi contrapposti.
Una volta stabilitosi in Italia sul litorale adriatico, in provincia di Ravenna, il soggetto divenuto bersaglio dell’accanimento sistematico del clan attraverso nuove minacce (rivolte a tutta la famiglia) aveva sporto denuncia alle autorità italiane. Grazie alle indagini si è risaliti alla ramificazione residente in terra vicentina – a Rosà – di quelli che sarebbero i responsabili delle violenze, chiudendo il cerchio con l’ultimo arresto in attesa che la Procura proceda all’avvio dell’iter di giustizia.