Arte e dintorni – Ancora qualche giorno per visitare la mostra sui Macchiaioli a Padova

V.Cabianca, Al sole, 1866, Olio su tela, coll. priv.

Con una importante mostra Palazzo Zabarella a Padova celebra il movimento della Macchia, che nacque a Firenze alla metà dell’Ottocento. In quegli anni un gruppo di artisti, riuniti attorno ai tavolini del Caffè Michelangelo, s’impegnarono in una discussione stilistica e teorica sul concetto di modernità. Ardimentosi e volitivi, questi giovani accompagnarono all’impegno artistico la convinta adesione alla causa risorgimentale, combattendo in prima persona per la realizzazione dell’Unità d’Italia.

“Che cos’era la macchia?  Era la solidità dei corpi di fronte alla luce” scrive  Giovanni Fattori, il principale esponente del movimento dei Macchiaioli, all’amico Gustavo Uzielli, suo sostenitore e collezionista. L’istanza di modernità che i Macchiaioli contrapponevano alla tradizionale pittura accademica passava per un rinnovamento sentito necessario sul versante tecnico – la macchia opposta alla pittura accademica – e sul versante della scelta dei soggetti dipinti, ai quali veniva data la responsabilità di tramandare la memoria del loro tempo. Con grande lucidità, scriveva sempre Giovanni Fattori: ”Il verismo porta lo studio accurato della società presente, il verismo mostra le piaghe di cui è afflitta, il verismo manderà alla posterità i nostri costumi, le nostre abitudini“.

S. Lega, Alla villa di Poggio Piano, 1888, coll. priv.

A Palazzo Zabarella cento opere di maestri noti come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, e altri meno noti ma non meno significativi, come Adriano Cecioni, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi e Vincenzo Cabianca, danno un ampio respiro all’esposizione. Grazie ai prestiti di molti collezionisti privati, la mostra vanta il primato di far scoprire patrimoni mai esposti, occasione ancora più ghiotta per il pubblico.
Cento opere raccontano la bellezza di una “cronaca” che diventa “storia”: la città colta nei vicoli assolati e operosi o nei giochi chiassosi dei bambini; il racconto millenario della campagna maremmana attraverso la vita dei campi, il tracciato dei buoi, le ombre dei carri in sosta. Nel silenzio terso delle tele bucoliche sembrano riecheggiare le rime carducciane “T’amo, o pio bove; e mite un sentimento / di vigore e di pace al cor m’infondi”.

G. Fattori, L’Arno a Bellariva, 1875, coll. Angiolini, Livorno
O. Borrani, Mietitura a San Marcello. La raccolta del grano sull’Appennino_1861, olio su tela, Istituto Matteucci, Viareggio

Dai dipinti dei Macchiaioli si leva un inno e una dichiarazione d’amore alla natura “naturale”. Vincenzo Cabianca scrive a Telemaco Signorini: ”L’emozione che provo nel produrre la natura nei suoi momenti di feroce splendore, perdona la frase, non è paragonabile a nessuna cosa”. I soggetti scelti da questi pittori, per molti aspetti rivoluzionari nel panorama italiano del secolo, sviluppano una riflessione sulla società del loro tempo, grazie alla rappresentazione dei riti quotidiani e familiari, come la villeggiatura in campagna – a Castiglioncello e Piagentina – le passeggiate al mare o sugli argini dei fiumi, le visite alle amiche, il rito del caffè, la lettura.

S. Lega, L’elemosina, 1864, olio su tela, coll. priv.

Al centro di questo mondo troviamo spesso le donne, sospese tra antico e moderno, come nel dipinto ”L’elemosina” di Silvestro Lega. L’esposizione padovana coniuga la fascinazione delle opere, che può attrarre il grande pubblico, e la sostanza critica, che può solleticare l’interesse degli specialisti, attraverso la ricostruzione di scenari inediti come le relazioni tra i primi sostenitori e collezionisti della macchia (Uzielli, Martelli, Cecchi, ecc.) e le opere, i soggetti e il dibattito critico coevo.

La fama e la bellezza di alcuni dipinti come “Le pescivendole” di Signorini, “Le acquaiole livornesi” di Fattori, “Le bambine che fanno le signore” di Lega, sarebbero già motivo sufficiente per una visita a questa esposizione, elegante e ben allestita. Tuttavia sono i nomi meno noti che riservano splendide sorprese con quadri che riempiono gli occhi di meraviglia, come le scene di mercato, le madri affaccendate e amorevoli, i bambini addormentati, le donne che leggono in giardino, e, non ultime, le signore “Al sole” del veronese Vincenzo Cabianca.
E poi, se fosse necessario trovare un motivo occasionale e contingente per giustificare la visita, si potrebbe addurre che non vi è miglior modo di celebrare l’inizio dell’estate, che porta con sé la luce intensa dei Macchiaioli.

G. Abbati, Dalla cantina di Diego Martelli, 1866, olio su tavola, coll. priv.

I MACCHIAIOLI
Capolavori dell’Italia che risorge (a cura di G. Matteucci e F. Mazzocca)
Palazzo Zabarella – Padova fino al 30 giugno 2021
Per il mese di giugno: Dal martedì alla domenica: ore 10-18 – Lunedì chiuso
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