Arte e dintorni – Il Rinascimento come non l’avete mai visto: mostra prorogata all’8 maggio

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La Vicenza della metà del Cinquecento, la sua aristocrazia industriosa e quattro giovani artisti, oggi noti in tutto il mondo, sono i protagonisti della mostra “La fabbrica del Rinascimento”, prorogata fino all’8 maggio in Basilica Palladiana a Vicenza.
L’esposizione svela, attraverso un percorso affascinante e diversificato, quello che solitamente non si vede e non si descrive attorno alla nascita e alla vita materiale delle opere d’arte. Si racconta la storia di un trentennio di grande fervore – dal 1550 al 1585, un periodo in cui tutti i protagonisti hanno esercitato il proprio ruolo con ingegno, finanziamenti o opere.

Partiamo col presentare i finanziatori. Un gruppo di nobili intraprendenti e industriosi – lontani dal cliché dell’aristocrazia parassitaria – scommettono sulla trasformazione di Vicenza da “luogo di provincia” a città di prima grandezza culturale, attraverso un’arte e un’architettura che all’epoca erano considerate d’avanguardia.
Questi committenti così eletti affidano l’impresa a quattro giovani ingegni: l’architetto Andrea Palladio, i due pittori Paolo Veronese e Jacopo Bassano, e lo scultore Alessandro Vittoria- Questi artisti hanno vissuti familiari diverse ma formazione affine o parallela: si conoscono, si stimano e lavorano spesso insieme in città e provincia nelle varie commissioni, creando opere che portano a qualificare Vicenza come uno dei centri del Rinascimento.

La fabbrica del Rinascimento. Basilica Palladiana, Vicenza 2022

Nella prima sezione siamo accolti dai ritratti di Livia Thiene e del marito Iseppo Porto, che, come padroni di casa orgogliosi, mostrano compiaciuti le loro dimore, rappresentate qui dai modellini in legno delle ville commissionate all’allora giovane architetto Andrea Palladio. Quei luoghi magnifici, che diventano connotativi della nostra terra, sono creati sia per soddisfare le esigenze produttive legate alla conduzione agricola delle loro ampie tenute, sia le aspirazioni di rappresentanza della nobiltà veneta.

Paolo Veronese, Ritratto di Iseppo Porto con suo figlio Leonida, Gallerie degli Uffizi, Firenze

La seconda sezione illustra i processi creativi che si svolgono nella mente dell’artista, i primi momenti di creazione dei capolavori. Attraverso schizzi, modellini, modelletti e opere finite, prendiamo coscienza del momento in cui le idee diventano forma e si fissano sulla carta o sulla creta, per diventare dopo molto lavoro dipinti, edifici o sculture. Diversamente dalla retorica del genio solitario di matrice romantica, si comprende che a quell’epoca gli artisti guardavano sempre la produzione dei loro concorrenti, per coglierne le novità in modo arguto e tradurle nel loro stile personale.

Un esempio magistrale di queste brillanti contaminazioni: un famoso disegno di Parmigianino, “Sacra famiglia con una colomba”, diffuso tramite stampa, è stato fonte di ispirazione della magnifica “Madonna con il Bambino” di Paolo Veronese del Museo Chiericati di Vicenza.
Nella saletta laterale si ricrea la suggestione di un atelier, rispondendo poiché non è così frequente vedere com’era la bottega di un artista del Cinquecento. Il perno di questa ricostruzione è il ritratto del pittore Antonio Aliense (1556-1629), opera di Palma il Giovane. Attorniato da statue, gessi e disegni raffigurati nel ritratto sono state collocate opere– come il “Vitellio Grimani” o il “Galata in atto di cadere” – opere che hanno influenzato l’operare di intere generazioni di artisti.

La sezione successiva illustra i meccanismi della produzione degli oggetti d’arte. Un artista, per diverse occasioni o per espressa richiesta dei committenti, riutilizzava le proprie idee di successo per creare repliche, copie di opere proprie, autografe, ma con piccole differente, che ripetevano in serie i dipinti o i suoi soggetti di maggior successo.
Un esempio di questo procedere sono le due versioni dell’Adorazione dei magi di Jacopo Bassano (di Vienna e di Birmingham), identiche per misure e composizione, diverse per intonazione cromatica e scelta della luce, prodotte entrambe dalla bottega dell’artista per soddisfare due committenti desiderosi di acquistare un suo capolavoro.

L’ultima sezione è la più originale e risponde in modo rigoroso, e al tempo stesso divertente, a una delle domande più comuni che i visitatori si pongono: quanto venivano pagati questi meravigliosi capolavori? Non basta dire 4 ducati o 20 denari, per capire il valore degli oggetti, perché andrebbero paragonati al tenore di vita del tempo e al valore che si attribuiva a quelle categorie di oggetti.

Era necessario escogitare un modo per sopravvivere alle comparazioni tra monete reali e monete di conto – scudi d’oro, mocenighi, ongari, zecchini d’oro, ducati, troni, marchetti, ecc. –, e far comprendere al visitatore il prezzo degli oggetti e il valore di questi all’interno del sistema culturale ed economico del tempo.
Ed ecco che gli storici dell’economia (sostenuti da prezzari e documenti d’archivio ritrovati) hanno ideato questa simpatica e utile unità di misura, il maiale mezanotto, un maiale di medie dimensioni che valeva 3 ducati e che, con la sua elementare silhouette ripetuta, visualizza il prezzo di tutti gli oggetti esposti.
E ricordando che la sensibilità moderna attribuisce alla pittura del Rinascimento prezzi a molti zeri, chi vorrà visitare la mostra scoprirà che, a quel tempo, i sistemi di valori erano completamente diversi.

Ad esempio uno dei dipinti più originali de Rinascimento, Due cani da caccia di Jacopo Bassano (che adesso vale milioni in qualsiasi valuta), all’epoca valeva la metà di un paio di guanti ‘da signore’, e quasi mille volte meno dei cristalli incisi di Valerio Belli. Di tutto rispetto le quotazioni, tutt’altro che economiche, anche delle statue greche o romane o degli arazzi intessuti d’oro e d’argento delle Fiandre, che all’epoca erano di gran moda.

Jacopo Bassano, Ritratto di due cani, Musée du Louvre, Parigi

Anche se manca un guizzo virtuale, la mostra è di altissima qualità e al tempo stesso fruibile da un pubblico ampio, da chiunque abbia voglia di indagare sui fatti e sui contesti della Vicenza del Cinquecento, adatta ai curiosi interessati a scoprire le trame dentro e fuori l’opera d’arte, per comprendere i meccanismi di produzione del tempo.
L’audioguida compresa nel biglietto, con la voce narrante di Guido Beltramini, si scarica con Qrcode, ed è uno strumento gradevole e indispensabile per cogliere nessi così specifici di un percorso così originale e per certi versi unico.
Organizzata dal Comune di Vicenza con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, la mostra è patrocinata dalla Regione del Veneto e dalla Provincia di Vicenza. Il progetto è realizzato in partnership con Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari e con Intesa San Paolo, con il contributo di Confindustria e con il sostegno di Fondazione Roi.

La Fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza
PALLADIO, VERONESE, BASSANO, VITTORIA
A cura di Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Mattia Vinco con la collaborazione di Edoardo Demo
Orari: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00.
Biglietti: intero € 13; ridotto € 11
Sito: Mostreinbasilica.it