Bitcoin, l’oro digitale

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

31 ottobre 2008.

Ci sono alcune date che hanno sicuramente segnato la storia, potrebbe essere una di queste?

Gli ultimi decenni sono stati definiti, grazie all’avvento di internet, l’era dell’informazione, una condivisione di informazioni e di dati senza precedenti nella storia. Oggi scambiare documenti da una parte all’altra del mondo è facile e veloce, anche se effettivamente non si invia mai il file originale, ma una sua copia. Questa è la democrazia dell’informazione.

Tuttavia, quando si scambiano delle proprietà, quali denaro, diritti intellettuali, ecc.. inviarne una copia non è affatto un’ottima idea. Ad esempio, se Tizio invia a Caio 1000 euro è fondamentale che Tizio non abbia più quei soldi dopo l’avvenuta transazione. Questo è il problema del “double spend” (“doppia spesa”).

Per risolvere questa situazione di incertezza, oggi ci affidiamo a grandi intermediari, come banche, governi, ecc.. che si pongono come garanti del sistema economico. Incarichiamo questi tramiti di svolgere transazioni di ogni tipo nel mercato, dalla regolamentazione alla registrazione, dall’autenticazione all’identificazione delle persone. Inutile negare che funzionano bene, anche se con il passare del tempo sembrano avere sempre più problemi.

Il primo tra tutti? Sono centralizzati.

Questo significa che possono essere “hackerati”, e di esempi in questo campo ne abbiamo a migliaia. L’ultimo caso lampante è sicuramente Uber, a cui alla fine del 2016 sono stati rubati i dati personali di 57 milioni di utenti. Questo rende ognuno di noi, inevitabilmente, vulnerabile. La centralizzazione, inoltre, esclude miliardi di persone dall’economia globale, come coloro che non possiedono denaro sufficiente per aprire un conto corrente in una banca.

Le persone che invece possono accedervi non sono certo in una situazione ottimale, per inviare una mail da una parte all’altra del mondo ci vogliono pochi secondi, per inviare del denaro da una banca all’altra, invece, potrebbero volerci dei giorni. Questo si aggiunge agli alti costi di transazione, e al fatto che per poter disporre del proprio denaro sia obbligatorio fornire i dati personali, mettendo a repentaglio inevitabilmente la propria privacy.

Bitcoin

Da qui nasce l’idea di Satoshi Nakamoto che il 31 ottobre 2008 pubblica un white paper denominato “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. All’interno di quel documento è descritto il funzionamento di una cryptovaluta denominata bitcoin e del sistema che ne permette il funzionamento, la blockchain. Il codice sorgente di Bitcoin viene lasciato sotto un MIT license, ovvero un free e open source software, questo significa che la sua progettazione è pubblica, nessuno possiede né controlla Bitcoin e chiunque può prendere parte al progetto.

Occorre fare una premessa importante: quando si parla di Bitcoin con l’iniziale maiuscola, ci si riferisce alla tecnologia e alla rete mentre quando si tratta di bitcoin con l’iniziale minuscola, si intende la cryptovaluta.

Nakamoto rimane ad oggi una persona (o un gruppo) di cui non si conosce l’identità. Tuttavia, proprio come i fratelli Wright, pionieri dell’aviazione, potrebbe aver risolto uno dei problemi più complicati del ventunesimo secolo. Satoshi è riuscito a creare, per la prima volta nella storia, un sistema di pagamenti completamente decentralizzato. Questo significa che non è necessario passare per terze parti. I bitcoin, infatti, sono trasferibili direttamente da persona a persona, grazie alla tecnologia peer-to-peer.

Bitcoin, tuttavia, non è né ontologicamente né intrinsecamente una moneta. Così come l’oro fu inizialmente utilizzato come strumento di scambio, bitcoin verrà utilizzato come moneta finché lo stesso sistema non troverà una valuta più adatta al suo scopo, garantendone così una stabilità di prezzo. Così come l’oro, che è un bene scarso in natura, anche bitcoin lo è. L’offerta, infatti, è perfettamente inelastica, ossia viene generata ad una velocità decrescente. La politica monetaria di Bitcoin segue questa regola precisa: dal 2009 ogni 10 minuti vengono creati 50 nuovi bitcoin ma ogni 4 anni si dimezza la quantità minata, quindi dal 2013 ogni 10 minuti sono stati creati 25 nuovi bitcoin, etc. Il processo con cui si emette nuova valuta digitale viene chiamato mining. Questo meccanismo è infatti l’unico modo per emettere nuovi bitcoin sul mercato. La domanda è quindi deterministica, visto che nel 2140 saranno stati creati tutti i 21 milioni di bitcoin.

Si può quindi affermare che Bitcoin è oro digitale, quindi molto più cryptocommodity che cryptocurrency.