Che Palla…diana!
El_Gae è nato e cresciuto (soprattutto di peso, dice lui) nell’Alto Vicentino. Chitarrista per hobby, è sposato con Silver (di pseudonimi ne ha uno per ogni membro della sua famiglia) e padre di tre figli: alla più grande ha affibbiato il soprannome di Mary-chan, mentre i due gemelli più piccoli nei suoi scritti rispondono al nome di Jack (Moe) e Pee.
Perde un sacco di tempo a leggere blog e siti specialistici su musica, figli e corsa. Il resto della giornata tempo lo spreca inutilmente. Ama citare frasi celebri a vanvera.
Da oggi entra anche lui a far parte della squadra dell’Eco Vicentino, ci terrà compagnia scrivendo di utile, futile e dilettevole. Buona Lettura!
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Quando dico in giro che sono vicentino, la prima reazione è sempre: “Ah, magnagatti”.
Di fatto, questa che i vicentini fossero magnagatti è una leggenda che non è stata mai dimostrata o, meglio, che in momenti di carestia o guerra i poveracci finissero per mangiare pure i gatti, non lo troverei nemmeno così fuori di testa come teoria, probabilmente però non accadeva solo a Vicenza.
Tant’è, non è che volessi parlare di gatti, infatti si diceva di quando racconti a qualcuno che sei vicentino.
La seconda reazione è “ah, Vicenza, città del Palladio”.
Vi ricordate di “Intervallo”? Era quel intermezzo musicale che la Rai metteva nella programmazione, di tanto in tanto, con foto dei monumenti Italiani e loro didascalia. C’era quest’arpa in sottofondo: plin plinplin plinplin plinplin plinplin… Ravenna: Santa Apollinare In Classe.
Ecco! Su intervallo passavano anche Villa Capra la Rotonda e la Basilica Palladiana. Autore: Andrea Palladio (1508-1580).
Ma un po’ tutto il Veneto è pieno di opere di Palladio e così capita che due giovani ragazzi svizzeri, studenti di architettura, decidano di partire in bicicletta e venirsi a vedere di persona le opere del grande architetto veneziano (inteso come della repubblica veneziana).
I suddetti giovini, vedono su internet che nella ridente Montecchio Precalcino c’è un villino accreditato a mastro Andrea e se lo vengano a vedere. Il villino in questione versa in stato di evidente abbandono e, al momento, ha la sola funzione di rompere i coglioni a chiunque voglia dare le tinte alla propria casa, imponendo un vincolo paesaggistico al circondario. Questo se, da bravi, non ci entrate. Se invece trovate il sistema di entrare (cosa che io non ho mai fatto, beninteso) potrebbe anche fracassarvi la testa con un calcinaccio cadente.
Sicché i due, mesti mesti, si cercano un campetto dove piantare la tenda.
Chiedono ad un anziano signore se possano farlo vicino al suo orto, solo per una notte.
Fino a qui tutto bene.
Quel signore è il nonno dei miei figli. Silver cerca in qualche modo di spiegare, in inglese, che se serve qualche cosa, basta che chiedano. Non serve nulla.
E si mettono a far bollire l’acqua su un fornellino da campeggio.
“Con quella mangiate domani” sentenzia il nonno “venite su”.
“E la doccia è là”
Ieri sera verso le 22 erano ancora lassù con i nonni, a capirsi dio sa come.
La morale di tutto questo sbrodolo è la seguente: ieri questi due ragazzi hanno visto un villino tenuto di merda ma hanno trovato due persone ospitali che non hanno chiesto se avevano bisogno di aiuto ma hanno capito che l’aiuto serviva e basta. E quindi magari la giornata non era tutta da dimenticare.
Ed io invece ho capito che sono fiero che quei due grandissimi scassacazzo siano i nonni dei miei figli.