CineMachine | Il grande Lebowski
REGIA: Joel e Ethan Coen ● CAST: Jeff Bridges, John Goodman, Julianne Moore, Steve Buscemi, Philip Seymour Hoffman, David Huddleston, John Turturro, Sam Elliott ● GENERE: commedia ● DURATA: 117 minuti ● DATA DI USCITA: 1 maggio 1998 (Italia)
Il grande Lebowski del 1998 per la regia di Joel e Ethan Coen
Uno dei film più belli di sempre. Entrato a gamba tesa nel nuovo millennio, Il grande Lebowski scritto e diretto dai fratelli Coen non godette di molta stima quando uscì nelle sale nel 1998 sia dalla parte del pubblico che della critica. Con un budget stimato di $15.000.000, il film incassò appena $17.451.873. Eppure ad oggi si possono contare numerosi scritti (libri, saggi, manuali ecc.), feste a tema e addirittura una religione ispirati a questa incredibile storia e soprattutto ai suoi demenziali personaggi.
Storia: Jeffrey Lebowski, per gli amici “Il Drugo” (Jeff Bridges), è un disadattato fannullone che vive a Los Angeles e che ama passare il suo tempo giocando a bowling insieme agli amici Walter (John Goodman) e Theodere (Steve Buscemi) e bevendo white russians. Jeff viene scambiato per un altro Jeffrey Lebowski, un milionario in sedia a rotelle, e si ritrova così trascinato in una strana serie di eventi che coinvolgono i nichilisti, produttori di film per adulti , furetti, un dito vagante e grandi somme di denaro.
Ispirato al romanzo “Il grande sonno” di Raymond Chandler (il regista Howard Hawks ne fece anche un film nel 1946 con protagonisti Humphrey Bogart e Lauren Bacall), il film diretto magistralmente dai due fratelli più amati dai fans di Hollywood è diventato con il tempo un grandissimo cult, intrattenendo e facendo scompisciare dalle risate generazioni di adolescenti e anche di adulti, perché Il grande Lebowski non sembra avere un indirizzo sulla fascia di età. Tutti sappiamo dove vive il grande Lebowski e tutti lo possiamo andare a trovare e tutti lo possiamo amare come detestare profondamente.
Le situazioni surreali, ma in un certo modo possibili, che capitano al nostro protagonista ci fanno sgranare gli occhi e si può essere sconcertati e in un certo modo infastiditi dal suo modo di atteggiarsi con il mondo che lo circonda. Molto lontano dalla visione comune su come condurre una vita sana, impegnata e colma di significato, il Drugo è un personaggio apparentemente irresponsabile, insofferente delle regole e un maestro di fancazzismo. Insomma egli sembra essere una sorta di hipster invecchiato male, ma per questo alternativo che non si dice un anticonformista o un ribelle, ma lo è nella sua essenza.
“Che si fottano i soldi! La vita va avanti!”. Ciò non viene detto da Jeffrey perché fa parte di un canone di un movimento culturale o sociale, ma perché per Lebowski è un fatto che i soldi sono una lama a doppio taglio: da una parte fa comodo averli, ma per averli saresti disposto a fare di tutto, anche a metterti nei casini più seri. Il Drugo non dice di sapere. Il Drugo osserva, si muove, ascolta, dice quello che pensa, vive nei suoi bisogni e con i suoi ritmi, impara e lascia la sua mente aperta.
La leggerezza e il disincanto con cui questo personaggio reagisce agli eventi, per di più tragici e violenti, che gli capitano è veramente un qualcosa che non può far altro che farci sorridere, perché è sostanzialmente così che un po’ tutti vorremmo vivere. I problemi legati alla vita quotidiana, al tempo e ai mille impegni che ci percuoto il cervello sono relativi e non serve a nulla spaccarsi la testa per questo tipo di quisquilie.
La fotografia di Lebowski seduto sulla tazza del water, dopo essere stato aggredito e inzuppato a dovere nella tazza, in accappatoio e con gli occhiali da sole è un emblema di questa filosofia. Qualsiasi altra persona avrebbe chiamato subito la polizia, lui invece se ne rimane fermo ad osservare la scena e soprattutto il suo tappeto inumidito a dovere dall’urina di uno degli aggressori. Vuole giustizia per quel tappeto che “dava un tono all’ambiente”. Lebowski è atarassia all’ennesima potenza. Non è il tempo che comanda la sua vita, ma è la sua vita che comanda il tempo. Il tempo è suo e lui decide cosa farne. Lebowski non chiede altro che d’esser lasciato in pace, di vivere nel suo ozio ordinato che prevedere un “regime di droghe piuttosto rigido” e di riavere indietro il suo “fottutissimo tappeto”, ma non per avidità, ma perché appunto “dava un tono all’ambiente”. Questo è il Drugo: un uomo che guarda al vita con no-sense e non se ne preoccupa.
Inoltre i dialoghi tra Jeffrey e e il suo amico Walter sono stupendi, comici e grotteschi al punto giusto. In Walter viviamo l’instabilità di un veterano del Vietnam che tramuta ogni situazione in un possibile conflitto violento e/o armato. Emblematica la scena di Walter che impugna una pistola rivolgendola verso la telecamera, mentre sbraita a Jeffrey di segnare zero punti sul tabellone del bowling in quanto il suo avversario ha varcato la linea: “Questo non è il Vietnam, è il bowling! Ci sono delle regole!”.
Invece nelle più svariate conversazioni tra il Drugo e il Sig. Lebowski osserviamo le contraddizioni della vita di successo di quest’ultimo. Il potere, il prestigio, la ricchezza sembrerebbero dar man forte nelle argomentazioni a sostegno di una vita sacrificata, d’impegno, di operosità. Il Sig. Lebowski sembra una persona rispettabilissima, ma in realtà possiamo distogliere ogni forma di rigore etico-morale a questo personaggio quando lo vediamo raggirato dalla sua giovane e sensuale compagna e soprattutto quando veniamo a sapere che la sua ricchezza non è merito di innumerevoli sacrifici né tanto mento di una vita spesa a servizio degli altri. Di fatto il Sig. Lebowski non è altro che un uomo corrotto e devastato dallo stesso sistema di cui lui stesso pontifica squisitamente.
Insomma, l’insieme di queste scene, dei dialoghi e dei personaggi perfettamente caratterizzati denotano quanto i fratelli Coen siano capaci nello scrivere una sceneggiatura, in particolare quella di questo film che fu scritta proprio pensando a Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi e Sam Elliott.
Passando alla regia e alla fotografia non posso che elogiare questi due grandi artisti che con dei movimenti di macchina chiari e lineari riescono a dare vita ad una regia quasi invisibile che non disturba, ma accompagna piacevolmente la storia e i suoi personaggi. Le lente e fluide carrellate, alcuni brevissimi piani sequenza, le inquadrature fisse, la cinepresa che segue il lento ruotare di una palla da bowling. C’è solo da imparare.
Ciò che rende geniale questo film e ciò che rende geniale un film, oserei dire, è il fatto che da un idea che apparentemente sembrerebbe banale, ne è stata ricavata una storia incredibile, con trama e svariate sottotrame che scorrono piacevolmente lungo tutta la pellicola.
Un film incredibile con dei contenuti altrettanto incredibili che non deve passare inosservato.