CineMachine | Stalker
REGIA: Andrei Tarkovsky ● CAST: Aleksandr Kaydanovskiy, Anatoliy Solonitsyn, Nikolay Grinko, Alisa Freyndlikh, Natasha Abramova ● GENERE: fantascienza, drammatico, thriller ● DURATA: 163 minuti ● DATA DI USCITA: 30 gennaio 1981 (Italia)
Stalker del 1979 per la regia di Andrei Tarkovsky.
Trama: Vicino a una città grigia e senza nome si trova la Zona, un luogo protetto da filo spinato e soldati e dove le normali leggi della fisica sono vittime di frequenti anomalie. Uno Stalker guida due uomini nella Zona, in particolare in un’area in cui i desideri profondi di ogni singolo individuo si possono realizzare.
Avevo già citato questo titolo in una precedente recensione per spiegare il concetto il mondo “verosimiglianza” nel cinema. Questo grande capolavoro russo trova ampio spazio non solo per spiegare alcuni piccoli concetti di sceneggiatura, ma anche per spiegare ai più che cosa sia avvicinarsi alla visione di un capolavoro.
In molti lo potranno ritenere noioso e morboso, ma Stalker di Andrei Tarkovsky è un film di una profondità più unica che rara. I tre personaggi che sorreggono l’intera narrazione, insieme al fitto mistero della Zona, rappresentano tre categorie distinte di personalità, ovvero il credente, lo Stalker, il nichilista, lo scrittore, e l’uomo di scienza, il professore. Se il primo ripone la sua totale fiducia nei poteri mistici della Zona, gli altri due partiranno pieni di dubbi che si protrarranno in continui interrogativi sulla natura della Zona e dell’essere umano in se stesso.
Qui un piccolo dialogo tra lo scrittore e una donna all’inizio del film:
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Mia cara, il mondo è infinitamente noioso. Perciò non possono esistere né la telepatia, né i fantasmi, né i dischi volanti. Niente di tutto ciò. Il mondo è regolato da leggi ferree che lo rendono insopportabilmente noioso. E queste leggi non vengono, ahimé, violate. Non si lasciano violare. Non speri nei dischi volanti, sarebbe un fatto troppo interessante.
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E il triangolo delle bermuda? Non vorrà negare che esiste?
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Lo nego, certo. Non esiste nessun triangolo delle bermuda. Esiste solo il triangolo ABC che è uguale al triangolo A’B’C’. Non avverte quale triste noia è racchiusa in queste affermazioni? Il medioevo, quello si che era interessante. In ogni casa c’era uno spirito. In ogni chiesa un dio. Gli uomini erano giovani. Oggi un uomo su quattro è vecchio … Che noia, mia cara … Che immensa noia.
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Ma lei stesso afferma che la Zona è il prodotto di una civiltà superiore …
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Probabilmente sarà la stessa noia. Anche lì ci saranno leggi e triangoli, ma non ci sarà nessun fantasma e naturalmente nessun dio. Perché se dio fosse proprio quel triangolo beh … allora non saprei …
La voce del nichilista si protrae preponderante verso l’uomo di scienza, il quale osserva e vuole sperimentare una verità inverosimilmente immutabile, mentre lo Stalker gli fa da guida. Un uomo di coscienza mistica che guida due uomini completamente persi nel vuoto del mondo e dell’esistenza.
Ciò che questo film ci racconta è un po’ la storia di ognuno di noi: la manza di un qualcosa ci conduce a cercare delle risposte nel mondo attraverso le diverse branche dell’intelletto e dello spirito. Ma ciò che Stalker mette in risalto è il significato profondo del desiderio. La strada per porre soddisfacimento ad un nostro desiderio non è mai diretta, ma sempre diversa e si rivela il più delle volte incredibilmente tortuosa e non è scontato che una volta che raggiungeremo quel desiderio avremmo raggiunto finalmente il nostro punto supremo di felicità. Il desiderio è mutevole ed esiste fin quando esiste quel qualcosa che è oggetto del nostro desiderare. Una volta raggiunto quel soddisfacimento non possiamo far altro che metterci nuovamente a desiderare qualcos’altro.
Questa è la proforma del pensiero capitalistico, ma scendendo più in profondità nella narrazione veniamo a conoscenza che la Zona esaudisce il desiderio più profondo della persona che vi entra e nessuno può dire di essere profondamente cosciente del suo desiderio più intimo ed oscuro. Ciò suscita non poco sconcerto nei nostri protagonisti, i quali non sono perfettamente convinti di voler andare fino in fondo, per paura di creare qualcosa di infinitamente malevolo e doloroso per essi o per gli altri.
Come diceva Jacques Lacan, psichiatra e filosofo francese, dobbiamo responsabilizzarci di fronte al nostro desiderio, facendo discendere il significato di questa parola dall’etimologia della traduzione tedesca wunch (“vocazione”), ovvero una voce in cui sono inserito come individuo e che mi decide come persona. Il desiderio in se stesso non è addomesticabile, ovvero non può essere deciso in prima persona, ma è un qualcosa che decide per la mia vita per quello che farò di essa. Proprio per questo motivo è necessario responsabilizzarsi verso tale desiderio, il quale non è da ritenersi, come è stato per diverso tempo nella psicoanalisi freudiana, un mero impulso o istinto primordiale, ma come un qualcosa di profondamente umano.
Stalker di Andrei Tarkovsky è un film incredibile nei contenuti, nelle interpretazioni, nella messa in scena, in questi quadri inizialmente grigi e crudi che si colorano non appena entriamo nella Zona. Le ambientazione, le caratterizzazioni, i dialoghi, tutto è completamente equilibrato e regolato a formare una poetica cinematografica sottile e coinvolgente che puntualizza un tema centrale nel intricato meccanismo della coscienza umana: il desiderio di desiderare e di essere desiderati.