Spettacolando – Vicenza, i dolori di un mito senza tempo nel monologo di “Jackie”
Un’intensa Romina Mondello, martedì 16 febbraio ha portato sul palco del Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza, “Jackie”, un testo teatrale di Elfriede Jelinek, Nobel per la letteratura.
Marilyn Monroe è morta nel 1962; John Fitzgerald Kennedy nel 1963, Jacqueline Lee Kennedy Onassis, detta Jackie nel 1994. Il testo è stato scritto nel 2002 ma la Casa Bianca del 2022 è ancora pregna del tratto stilistico inflitto della first Lady più nota di tutti i tempi.
Il mondo intero è ancora pregno di tre vite, il cui profilo umano, culturale e politico ha fatto di loro dei personaggi, e il cui passare del tempo ne ha sancito il mito. Icone che hanno segnato il loro tempo e hanno tracciato il nostro. Personalità tanto forti quanto deboli quanto affascinanti, il cui intreccio indivisibile ha valicato la leggenda.
Li identifichiamo con un nome proprio di persona, con una sigla, o con un soprannome, perché bastano poche lettere dell’alfabeto per individuarli con certezza. Hanno incarnato i sogni di ognuno di noi, a qualsiasi latitudine del mondo andando ben oltre il mito americano; ma hanno anche vissuto in prima persona gli incubi di una vita al massimo, stroncata in modo cruento. Questo almeno è toccato a Marilyn e JFK.
A Jackie è toccato il dolore e l’impotenza dei sopravvissuti, che non hanno meritato né l’inferno né il paradiso, ma un limbo eterno amplificato dall’intreccio più glamour di ogni tempo. Troppo per chiunque, anche per lei.
Forse è questo che ha raccontato Romina Mondello, la Jackie umana, costretta a rimanere composta di fronte al troppo con cui ha dovuto convivere; costretta a vivere senza poter confidare, se non a sé stessa, i dolori di una donna come le tante.
Un monologo in crescita, minuto dopo minuto, che determina lo spessore di trent’anni vissuti senza loro due, trent’anni in cui ha potuto perfezionare la sua espressione immortale. Perché lei non era una donna come tante: lei era Jackie.
Paolo Tedeschi