Spettacolando – Il ritorno di Samuele Bersani: un “pieno” di emozioni al Gran Teatro Geox di Padova


Samuele Bersani nel recente ritorno sul palco al Gran Teatro Geox di Padova ha cantato ma soprattutto scaldato cuori. E’ tornato sul palco dopo la lunga malattia che l’aveva costretto a rinunciare al tour e a spostare il concerto del dicembre scorso: e stavolta non è tornato da solo.
Da buon figlio di un musicista ha sempre avuto una passione per l’orchestra, ma per suo sentire l’ha sempre ritenuta una scelta che si possono permettere solo i grandi: sia di età che di spessore musicale. Uscire da una malattia anche fa questo: aiuta a ripensare le scelte in prospettiva diversa e ci ricorda di smetterla di procrastinare: “Adesso finalmente faccio quel cazzo che voglio”.
Bersani ha raccontato delle canzoni famose che non aveva più voglia di cantare, come spesso capita agli artisti: ma sa bene che il pubblico certi pezzi li ama per sempre e a un concerto li vuole sentire. Così, per rispetto, li canta lo stesso e l’orchestra di 36 elementi è un’ottima scusa per cambiare gli arrangiamenti e dare una boccata d’ossigeno a parole e note venute a noia.
Ha parlato di Lucio Dalla – suo produttore discografico per vent’anni – e del genio assoluto che è stato: “di artisti ne ho conosciuti diversi, anche di molto bravi, ma di geni pochi. Lucio era uno di quelli”. E ha cantato “Canzone”, dopo aver raccontato che quel genio l’aveva scritta una mattina alla messa della domenica. E giù a ridere al pensiero che un ateo avesse composto quel capolavoro in un luogo sacro, e che magari avesse letto il testo al prete dopo l’omelia.
L’esibizione si è aperta con “Il mostro”, brano che affronta il tema dell’incomunicabilità, eseguito con un’intensità che ci ha subito catturati. Non sono mancati successi intramontabili come “Spaccacuore”, “Giudizi universali” e “Chiedimi se sono felice”, reinterpretati con gli arrangiamenti orchestrali che hanno regalato una nuova vita. Abbiamo cantato con lui “Coccodrilli” , ricordandoci che per anni abbiamo temuto uscissero dalla doccia, e “Freak”, realizzando che il progetto di esportare la piadina romagnola è definitivamente tramontato. Scegliere di cantare “Braccio di ferro” poi, è stato anche un pretesto per raccontare il suo rapporto con l’amore e qualche aneddoto sulla sua priva privata e sulle relazioni conflittuali. Il concerto si è chiuso come non poteva essere altrimenti: “Chicco e Spillo” sono ancora tra noi, ancora e più di prima.
In un mondo allo sbando, Bersani ha cantato con il cuore in mano: l’abbraccio che ci ha regalato e che ha desiderato da noi, va ben oltre una serata musicale. Ci indica la via, l’unica possibile.
Paolo Tedeschi
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