Addio a Luis Sepúlveda. Lo scrittore cileno è stato stroncato dal coronavirus
Il mondo piange la scomparsa dello scrittore cileno Luis Sepúlveda, stroncato dal coronavirus a 71anni (li avrebbe compiti tra pochi mesi). Era stato ricoverato all’ospedale di Oviedo, in Spagna, a fine febbraio e le sue condizioni sembravano essere migliorate.
Una vita intensa trascorsa tra l’amore per la scrittura e l’attivismo politico, con i suoi risvolti decisamente travagliati. Tra i suoi lavori simbolo “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” e “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”.
Già la sua nascita sembra la trama di un romanzo. Sepúlveda viene alla luce il 4 ottobre del 1949 in una camera d’albergo di Ovalle, nel Cile. I suoi genitori erano in fuga dopo una denuncia (di stampo politico) emessa dal nonno materno nei confronti del genero.
I suoi primi anni quindi li passa a Valparaìso, in compagnia del nonno paterno l’anarchico andaluso Gerardo Sepulveda Tapia, meglio conosciuto come Ricardo Blanco, anche lui fuggiasco dopo una condanna a morte, oltre che in compagnia dello zio Pepe (anch’egli anarchico). Legge molto soprattutto Salgari, Conrad e Melville, che gli trasmettono l’amore per la scrittura e per l’avventura. Ma ben presto ha iniziato ad amare anche Garcia Lorca, Antonio Machado e Gabriela Mistral.
Tra i quindici e i diciassette anni si iscrive alla Gioventù comunista. A soli vent’anni ottiene il Premio Casa de las Americas con il suo primo libro di racconti, “Crònicas de Pedro Nadie”. Vince una borsa di studio per corsi di drammaturgia della durata di cinque anni, presso l’Università Lomonosov di Mosca. Ma il suo soggiorno lì è breve espulso per “atteggiamenti contrari alla morale pubblica”. Alla base della sua cacciata ci sarebbe infatti la sua relazione con la professoressa di letteratura slava e moglie del decano dell’Istituto ricerche marxiste.
Quindi Sepúlveda torna in Cile, ma ha contrasti con il padre, viene allontanato dalla Gioventù comunista e così decide di militare tra le file dell’Ejercito de Liberacion Nacional in Bolivia.
Con il colpo di stato del 1973 e la dittatura del generale Pinochet, lo scrittore viene catturato e interrogato sotto tortura nella caserma di Tucapel, dove resterà per sette mesi. Per due volte l’intermediazione di Amnesty International, gli permette di essere scarcerato, e di commutare la condanna a morte in un esilio della durata di otto anni.
Nel 1997, invece di volare in Svezia, dove gli era stata promessa la cattedra di drammaturgia presso l’Università di Uppsala, Sepulveda al primo scalo, scappa in Brasile e poi in Paraguay, quindi a Quito (Ecuador), dove riprende a far teatro e partecipa alla spedizione dell’UNESCO dedicata allo studio dell’impatto della civiltà sugli indios Shuar. Durante la spedizione ebbe modo di vivere per sette mesi a stretto contatto con gli indios (nativi americani) e arrivò a capire i motivi per i quali i principi del marxismo-leninismo che aveva studiato non erano applicabili all’America Latina, in quanto abitata per la maggior parte da popolazioni rurali dipendenti dall’ambiente naturale. L’esperienza in Amazzonia, sarà l’ispirazione di un capolavoro come , “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”.
Nel 1978 raggiunse le Brigate Internazionali Simon Bolivar che stavano combattendo in Nicaragua. Dopo la vittoria nella rivoluzione iniziò a lavorare come giornalista e l’anno successivo si trasferì in Europa. Si stabilì ad Amburgo per la sua ammirazione nei confronti della letteratura tedesca.
Nel 1982 venne in contatto con l’organizzazione ecologista Greenpeace e lavorò fino al 1987 come membro di equipaggio su una delle loro navi. Nel 1989 poté ritornare in Cile, ma dal 1996 si trasferì in Spagna a Gijón fino alla sua morte per COVID-19.