Bangladesh. Il Papa incontra i rohingya e si inchina a loro: “Perdonateci”
Continua il viaggio di Papa Francesco in Myanmar e Bangladesh. Oggi Bergoglio ha incontrato nel giardino dell’arcivescovado di Dacca (Bangladesh) 16 musulmani della minoranza rohingya fuggiti dalla Birmania e parlando a braccio dice loro: “La presenza di Dio oggi si chiama anche rohingya, che ognuno abbia la sua risposta. La vostra tragedia è molto dura e grande ma le diamo spazio nel nostro cuore. A nome di quelli che vi perseguitano e vi hanno fatto male e per l’indifferenza del mondo chiedo perdono, perdono“.
Il pontefice prosegue: “Continuiamo a muoverci perché siano riconosciuti i loro diritti, non chiudendo il nostro cuore. Forse possiamo fare poco per voi”. Lo riferisce il diacono Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio che ha accompagnato il gruppo di 16 profughi all’arcivescovado di Dacca per l’incontro con il Papa.
Il Santo Padre ha detto quindi per la prima volta la parola “rohingya” nel viaggio in Asia, e lo fa in modo teologicamente molto forte. Dopo l’incontro col Papa, alcuni di loro piangevano.
Nel suo discorso il pontefice ha condannato fermamente il terrorismo e la violenza “ammantata di religiosità” ed ha esortato “ad accompagnare le giovani generazioni a rispondere alla logica incendiaria del male con la paziente ricerca del bene”. Il Papa ha ricordato che “quando i capi religiosi con una sola voce”condannano la violenza “attingono alle loro più profonde radici spirituali”.
I 16 rohingya incontrati sono appartenenti a tre nuclei familiari e accolti nel campo profughi di Cox Bazar. Il gruppo era composto da 12 tra uomini e ragazzi, due donne adulte con il velo sul capo, e due bambine. Papa Francesco, con l’aiuto degli interpreti, ha ascoltato quello che ognuno aveva da dirgli. Ha accarezzato le bimbe e ha anche stretto le mani che una delle due signore che gli porgeva.