Coronavirus, inchiesta Cnn: “La Cina avrebbe nascosto i dati reali”
Il network americano sarebbe entrato in possesso di informazioni contenute in una serie di documenti, destinati a rimanere segreti, inviati da alcuni informatori anonimi interni al sistema sanitario e analizzati da esperti indipendenti che ne hanno confermato la veridicità.
La Cina, stando all’inchiesta della Cnn, avrebbe nascosto i dati reali sulla diffusione del coronavirus fino almeno al febbraio scorso, mentre il suo sistema sanitario reagiva per alcuni aspetti in modo inefficace all’epidemia. Secondo quanto emerge dalle 117 pagine di documenti provenienti dal Centro per il controllo delle malattie della provincia di Hubei, dove il Covid cominciò a diffondersi alla fine del 2019, le autorità cinesi fornirono al mondo dati più ottimistici rispetto a quelli di cui erano in possesso. L’inchiesta, che la Cnn definisce la più importante fuga di notizie dalla Cina dall’apparire della malattia, viene pubblicata ad un anno dal giorno, il primo dicembre 2019, in cui il primo paziente conosciuto mostrò i sintomi del Covid-19 a Wuhan, secondo uno studio della rivista Lancet.
Tra i casi citati vi sono i dati resi noti il 10 febbraio, il giorno in cui il presidente Xi Jinping si rivolse per la prima volta allo staff sanitario degli ospedali di Wuhan per incoraggiarlo nella battaglia contro il virus. Quel giorno, afferma la Cnn, rispetto ai dati ufficialmente resi noti che parlavano di 2.478 nuove infezioni – con il totale salito a 40.000 dall’inizio dell’epidemia – i casi reali sarebbero stati oltre il doppio, cioè 5.918.
Inoltre, anche se le autorità della provincia dell’Hubei – di cui Wuhan è capoluogo – hanno presentato la loro risposta nei primi tempi dell’epidemia come efficiente e trasparente, in realtà il sistema sanitario faceva affidamento su strumenti carenti per i test e la trasmissione delle informazioni. Un rapporto riservato dell’inizio di marzo affermava tra l’altro che dall’apparire dei primi sintomi nei pazienti alla conferma della diagnosi di Covid-19 passavano in media 23,3 giorni, ciò che comprometteva in modo significativo gli sforzi per monitorare e combattere la malattia.
Nel frattempo aumentano le pressioni da parte degli USA, dell’Unione Europea e di altri Stati occidentali, come l’Australia, per avviare delle indagini da parte delle istituzioni internazionali con la collaborazione di Pechino. Al momento l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha ancora avuto il permesso di verificare le cartelle cliniche di quel periodo, anche se i funzionari sostengono di aver ricevuto rassicurazioni per la concessione di un’indagine sul campo in tempi brevi.