Guerra in Medioriente, Netanyahu: “Non ci fermiamo”. Biden chiede una tregua
Gaza City è un campo di battaglia, dove si combatte strada per strada. Israele – ad un mese esatto dal massacro di Hamas del 7 ottobre – continua ad avanzare nell’enclave palestinese dopo aver tagliato in due la Striscia. “Per la prima volta da decenni stiamo combattendo nel cuore di Gaza City, nel cuore del terrore”, ha annunciato il comandante israeliano del fronte sud Yaron Finkelman. Il premier israeliano Netanyahu non arretra e assicura che il suo Paese avrà “la responsabilità generale della sicurezza” della Striscia di Gaza “per un periodo indefinito” una volta terminata la guerra con Hamas. E ribadisce che non c’è tregua senza la restituzione degli ostaggi in mano ad Hamas.
La replica di Washington non si è fatta attendere, il portavoce del Dipartimento di Stato ha avvertito: “Gli Stati Uniti si oppongono alla rioccupazione di Gaza da parte di Israele. E non sostengono nessun trasferimento forzato di palestinesi fuori da Gaza”. Gli Usa, inoltre, affermano di non sostenere l’idea di una nuova occupazione a lungo termine di Gaza, dopo che Netanyahu ha detto che al termine della guerra sarà Israele ad assumere “la responsabilità generale” della sicurezza nella Striscia. “In termini generali, noi non sosteniamo una rioccupazione di Gaza e neanche Israele non la sostiene”, le parole di un portavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel. Gli Usa, inoltre, non sosterranno nessuna ricollocazione forzata dei palestinesi fuori da Gaza. Il presidente Biden ha chiesto a Netanyahu tre giorni di pausa nei combattimenti per consentire di fare progressi nel rilascio di alcuni degli ostaggi nelle mani di Hamas.
Secondo la proposta che si starebbe discutendo in queste ore fra Stati Uniti, Israele e Qatar, Hamas rilascerebbe 10-15 ostaggi e userebbe i tre giorni per verificare l’identità di tutti i prigionieri e consegnare un elenco con i nomi. Hamas ha invece celebrato a modo suo l’attacco di un mese fa.
Il numero due dell’ufficio politico della fazione, Moussa Abu Marzouk, in un’intervista alla Bbc dal Golfo ha negato che il 7 ottobre siano stati uccisi civili ma solo “riservisti e soldati”, così come avrebbe ordinato il leader dell’ala militare delle Brigate Qassam, Mahammed Deif. Dichiarazioni che la stessa emittente ha definito in palese contraddizione con le numerose prove raccolte nei kibbutz di frontiera assaltati dai jihadisti.
Intanto un membro dell’ufficio politico di Hamas ha respinto qualsiasi possibilità di escludere il gruppo dal futuro governo di Gaza, rispondendo a una precedente dichiarazione del portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Kirby, secondo cui Hamas non dovrebbe poter governare a Gaza. “Penso che gli americani stiano sognando molto”, ha detto Ghazi Hamad, in un’intervista ad Al Jazeera Arabic. “Gli americani che hanno fallito in Iraq, che hanno fallito in Afghanistan, che hanno fallito in Somalia e ora vogliono ristrutturare Gaza?”. Hamad ha affermato che qualsiasi cambiamento nel governo di Gaza è una questione interna palestinese, aggiungendo che Hamas sarà coinvolto in qualsiasi decisione.