Wikileaks, si decide il futuro di Julian Assange. L’uomo rischia l’estradizione negli USA
Il giorno del giudizio è arrivato per Julian Assange. Tra il 20 e il 21 febbraio l’Alta Corte di Giustizia britannica si riunirà per decidere in merito all’istanza d’appello presentata dai legali del fondatore di Wikileaks per scongiurare la sua estradizione negli Stati Uniti. Se l’appello dovesse essere respinto, Assange potrebbe essere estradato. In tutto il mondo sono in programma manifestazioni per chiedere la liberazione.
Dal 2019 Assange – accusato del presunto reato di complicità nell’hackeraggio di file del Pentagono e di violazione della legge sullo spionaggio – è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, il più duro del Regno Unito, in attesa della decisione sull’estradizione. Il fondatore Wikileaks ha pubblicato dal 2010 documenti top secret contenenti evidenze di crimini di guerra commessi nei conflitti internazionali – in particolare in Afghanistan e in Iraq – dagli Stati Uniti e da altri Stati.
Qualora dovesse essere estradato negli Stati Uniti, Julian Assange rischia 175 anni di prigione. E si teme anche per le condizioni in carcere, visto che “c’è il rischio reale che Assange possa finire in un regime di detenzione assolutamente degradante”. Alcune personalità che seguono da anni il caso del fondatore di Wikileaks si sono dette preoccupate per il futuro dell’uomo. “La sua vita è appesa a un filo. La sua salute è devastata – dicono – Dal 2010 non conosce libertà e rischia di perderla per sempre, finendo incarcerato a vita in una prigione di massima sicurezza, negli Stati Uniti, con criminali violenti, che non hanno rispetto per la vita umana”.