Ex vigilessa uccisa dal suo comandante: “Tra loro un contratto di sottomissione sessuale”


Una storia ai limiti dell’allucinante è forse alla base di quanto avvenne il 16 maggio dell’anno scorso ad Anzola Emilia nel bolognese: la vigilessa Sofia Stefani uccisa da un colpo partito dalla pistola d’ordinanza del suo comandante e amante Giampiero Gualandi, nell’ufficio dell’uomo presso il comando del paese di circa 12 mila abitanti.
Si è appreso, infatti, che il 18 maggio 2023 i due avrebbero firmato un “contratto di sottomissione sessuale”. La questione è stata al centro del processo a carico dell’ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia, accusato dell’omicidio della giovane collega. Ne hanno discusso il procuratore aggiunto Lucia Russo e l’avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile per la famiglia Stefani. In aula è stato detto che nel particolare contratto, Gualandi si autodefiniva padrone, cioè colui che tutto può sulla sua schiava.
Un contratto di sottomissione ispirato dall’undicesimo capitolo del libro “Cinquanta sfumature di grigio”, successo editoriale del 2011. L’avvocato Claudio Benenati, uno dei legali di Gualandi ha spiegato: “Ci sono siti da cui si possono scaricare contratti di questo tipo. Era un gioco, non ha nessuna validità, nessuna efficacia giuridica, nessuna possibilità di condizionare comportamenti. Nella vita sessuale gli adulti possono fare quello che vogliono”. Mentre, l’altro difensore dell’ex comandante, avvocato Lorenzo Valgimigli, rivolto ai giudici della Corte d’Assise ha detto: “Bisogna fare attenzione a chiunque cerchi di tirarvi per la giacca su pregiudizi di tipo morale”. L’avvocato di parte civile ha replicato dicendo: “In quel contratto i protagonisti sono un comandante e un agente, si colloca tutto nel contesto lavorativo di Sofia Stefani”.
L’intervento del procuratore aggiunto di Bologna. Lucia Russo dal canto suo ha detto: “Nei giorni che condussero all’omicidio, Gualandi si trovava prigioniero di un castello di menzogne da lui stesso costruito. Ma come si vedrà dalle consulenze tecniche sull’arma, non sono state trovate tracce né biologiche né dattiloscopiche di lei, ma solo dell’imputato”. L’imputato, presente in aula per la prima volta, ha sempre sostenuto l’ipotesi dell’incidente, un colpo partito per errore durante una colluttazione. La pm ha inoltre ricostruito la tormentata relazione tra i due spiegando come fosse fortemente squilibrata per l’età e per la vulnerabilità della Stefani fino al tragico epilogo.
La tormentata relazione tra Gualandi e la Stefani. Una relazione che s’interruppe per pochi giorni a fine aprile 2024 perchè la moglie di Gualandi scoprì la tresca. A tal proposito il procuratore aggiunto ha precisato: “L’uomo a quel punto, invece, di ammettere i fatti e assumersi le proprie responsabilità s’inventò che la relazione era conclusa da tempo e che era la giovane donna che continuava a perseguitarlo. Ma a pochi giorni di distanza, il rapporto tra i due amanti riprese nella piena inconsapevolezza della moglie. Inoltre, nella fase che precede l’omicidio, Gualandi assume comportamenti di assoluta doppiezza, mandando alla Stefani messaggi confermativi del rapporto affettivo e sessuale mentre alla moglie, negli stessi minuti, scriveva di essere tormentato da Stefani”. Tradotto: l’uomo sarebbe stato prigioniero del castello di menzogne da lui stesso messo in piedi.