Coronavirus, tutto sull’Avigan. L’azienda che lo produce: “Nessuna prova che funzioni”
In questi tempi di emergenza da coronavirus, tra fake news, notizie potenzialmente reali, ipotesi, voci di lavoro su un vaccino e altro di questo genere, è difficile districarsi e capire cosa è vero e cosa no. In tutti noi è forte, molto forte, la speranza che qualcosa o qualcuno possano mettere finalmente fine a questo incubo.
Ad esempio, nel fine settimana appena trascorso, è circolato sul web e sui telefonini un video di un farmacista del Lazio che parla con toni entusiastici di un farmaco antivirale disponibile in Giappone e che avrebbe dato esiti positivi nella sperimentazione su pazienti affetti da Covid-19: si tratta dell’Avigan (favipiravir).
L’improvviso tam tam mediatico. Il video è stato immediatamente ripreso dai media (radio, giornali, tv, siti internet) e non sono mancate, come al solito, le polemiche nei confronti delle istituzioni che autorizzano o meno i farmaci, con relative accuse di non essersi occupate della questione.
Ma cosa sappiamo dell’Avigan? Sappiamo che è stato sperimentato su un numero ristretto di pazienti e peraltro con esiti scientifici ancora incerti. Sappiamo inoltre che non è un medicinale tenuto segreto: è, infatti, noto da tempo all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), l’autorità che ha il compito di vigilare sulla sicurezza dei farmaci e di autorizzarne l’uso nel nostro Paese.
Il video. Cristiano Aresu, 41 anni, è un farmacista che frequenta spesso il Giappone. Sabato scorso, Aresu ha pubblicato su Facebook questo video della durata di circa tre minuti e nel quale mostra una piazza di Tokyo sostenendo al tempo stesso che la popolazione sia tornata a condurre una vita normale anche grazie all’impiego dell’Avigan per trattare i malati di coronavirus. Nel video dichiara entusiasta: “Ha fatto rinascere il Giappone e lo ha fatto tornare a respirare. Gli italiani dovrebbero chiedere a gran voce al governo di avere l’Avigan per risollevarsi come hanno fatto i giapponesi”. Però, a noi di Art News non risulta di un grande uso di questo farmaco in Giappone; almeno stando ad alcune fonti del Sol Levante da noi contattate.
L’Avigan nel dettaglio. Avigan in realtà è il nome commerciale del favipiravir, ovvero un farmaco antivirale sviluppato dall’azienda farmaceutica “Toyama Chemical” (del gruppo nipponico Fujifilm) attivo contro alcuni tipi di virus RNA, quelli responsabili dell’influenza. In sostanza, un medicinale progettato con l’obiettivo di bloccare i meccanismi utilizzati dai virus influenzali per replicarsi nell’organismo, al fine di aiutare il sistema immunitario a sbarazzarsene più rapidamente e con minori conseguenze per la salute. Un farmaco approvato dalle autorità di controllo giapponesi nel 2014, prevedendo un suo possibile utilizzo nel caso di pandemie influenzali, cioè causate da virus diversi dal Covid-19. Ecco perchè a oggi sussistono ancora dubbi sulla sua efficacia, in particolare sulla sua reale capacità di proteggere le cellule che compongono i tessuti delle vie aeree superiori, dove di solito i virus influenzali fanno più danni.
Avigan in Giappone. Come scritto in precedenza, le nostre fonti giapponesi confermano che a differenza di quanto sostiene Aresu, a oggi l’impiego di questo farmaco in Giappone è consentito solamente in particolari condizioni di emergenza, quando altri antivirali si dimostrano inefficaci. Inizialmente, “Toyama Chemical” sperava che l’approvazione da parte delle autorità potesse includere più casi, facendo dell’Avigan un sostituto del Tamiflu, medicinale sul mercato ormai da tempo e che dà risultati positivi nel trattamento di alcune sindromi influenzali. Ma risulta anche che l’impiego dell’Avigan è comunque consentito in Giappone e che da circa una settimana in Cina; tutto questo nonostante il farmaco non sia ancora stato approvato dalle principali autorità per i farmaci al mondo come la statunitense FDA e l’europea EMA.
La ricerca. A oggi, lo studio più citato sull’Avigan e il coronavirus riguarda proprio una ricerca condotta in Cina da “Qingxian Cai”, l’Università di Shenzhen su 80 pazienti. Obiettivo: mettere a confronto gli effetti del farmaco con quelli di altri antivirali (tipo lopinavir o ritonavir). Secondo lo stesso studio, l’impiego dell’Avigan avrebbe ridotto di 4 giorni circa il tempo di scomparsa del coronavirus dai pazienti, rispetto agli 11 giorni mediamente necessari nel gruppo di controllo trattato con gli altri medicinali. Dalla ricerca poi è emerso anche un miglioramento delle TAC ai polmoni nel 91% dei casi. Un aspetto nettamente diverso dall’affermazione sulla capacità dell’Avigan di “bloccare il Covid-19” segnalata da Aresu nel video di cui sopra.
Altri dubbi. La ricerca non è stata ancora pubblicata e ha peraltro riguardato una quantità ridotta di pazienti, senza una loro selezione prima del trattamento. Un aspetto che ha probabilmente falsato alcuni risultati. In Cina, tuttavia, test e verifiche con l’antivirale stanno proseguendo già da diverse settimane per valutarne gli effetti. L’AIFA dal canto suo ha espresso le proprie perplessità sull’Avigan, ricordando che lo studio cinese ha preso in considerazione casi di COVID-19 non grave. In sintesi, anche se i dati disponibili sembrino suggerire una potenziale attività di favipiravir, in particolare per quanto riguarda la velocità di scomparsa del virus dal sangue e su alcuni aspetti radiologici, mancano dati sulla reale efficacia nell’uso clinico e sulla evoluzione della malattia.
L’ultim’ora. Il Corporate senior director Fujifilm Italia, Mario Lavizzari in una nota ha spiegato: “Al momento non esistono prove scientifiche cliniche che dimostrino l’efficacia e la sicurezza di Avigan contro Covid-19 nei pazienti”. Fujifilm prevede di avviare uno studio in Giappone e, ha detto ancora, che al momento l’azienda non è in grado di divulgare alcun piano per l’uso di Avigan in altri Paesi.
L’Agenzia Italiana del Farmaco. Ricordiamo che in Italia, l’AIFA deve assicurarsi che i farmaci siano sicuri ed efficaci e non ha alcun interesse a ostacolare l’introduzione di nuovi medicinali, come verrebbe da pensare osservando il video girato a Tokyo e leggendo altre insinuazioni circolate online e sui media nelle ultime ore. La tutela della salute pubblica infatti passa anche dalla valutazione e dall’eventuale approvazione di nuovi trattamenti, che devono però prima dimostrare di essere efficaci anche da un punto di vista di costi e benefici sanitari: per esempio con una valutazione sugli eventuali effetti collaterali rispetto ai potenziali benefici. La Commissione Tecnico-Scientifica dell’AIFA comunque tornerà a riunirsi nelle prossime ore e approfondirà nuovamente la questione Avigan. Intanto, la nevrosi-psicosi da coronavirus purtroppo continua.