Covid, archiviata l’inchiesta su Conte e Speranza perché “il fatto non sussiste”
Il tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, indagati nell’inchiesta sul Covid della procura di Bergamo in merito alla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana. Nello specifico i magistrati contestavano la mancata istituzione della zona rossa tra febbraio e marzo del 2020 e la non attuazione del piano pandemico, oltre alle presunte anomalie nella gestione dei pazienti all’ospedale di Alzano Lombardo. Conte e Speranza erano accusati di omicidio ed epidemia colposi e rifiuti d’atti d’ufficio.
Sulle contestazioni mosse all’ex ministro della Salute, il Tribunale scrive: “Le omissioni e i ritardi descritti dalla nota di trasmissione della Procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico – amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali. Al Ministro della Salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività. Non è stata ipotizzata, e non è comunque ravvisabile negli atti di indagine compiuti – prosegue il Tribunale -, alcuna interferenza del Ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva. In particolare, non risulta che egli abbia indotto i dirigenti ministeriali a ritardare od omettere le azioni di sorveglianza epidemiologica, di sanità pubblica, di verifica delle dotazioni dei dispositivi medici e delle risorse necessarie a contrastare la diffusione virale nonché a curare i pazienti e, infine, di formazione del personale sanitario”. Si legge ancora: “Non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni e quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia”. Poi sulle zone rosse: “Va innanzitutto detto che agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell’imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa ai comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella Bergamasca, rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa.
“Non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all’imputazione lui avrebbe dovuto decidere, circa l’istituzione della zona rossa, il giorno stesso. Si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole”.
I parenti delle vittime si dicono delusi e parlano di uno schiaffo in faccia: “L’archiviazione è un vilipendio alla memoria dei nostri familiari, un bavaglio, l’ennesimo in un’Italia corrosa dall’omertà contro cui ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo nelle sedi che ci restano, come quella civile. Uno schiaffo in faccia a noi e all’Italia intera che si merita un sistema politico e di giustizia più trasparente. Siamo intransigenti con quanto fatto dalla Procura di Brescia e dal Tribunale dei ministri”.