E’ morto Boris Pahor, lo scrittore triestino testimone del Novecento
Addio a Boris Pahor, anima e testimone della tragedia del Novecento. Lo scrittore e intellettuale triestino di lingua slovena, è morto nelle prime ore dell’alba, dopo lunghe sofferenze, nella sua casa di Prosecco, sulle alture di Trieste. Aveva 108 anni. Nato a Trieste nel 1913, Pahor era divenuto un riferimento per i giovani letterati sloveni. Ha scritto circa una trentina di libri di narrativa e saggistica tradotti in diverse lingue, tra cui Qui è proibito parlare, La villa sul lago, Il rogo nel porto, La città nel golfo. Al centro delle sue opere i temi della libertà e della dignità dell’individuo, degli umiliati e degli offesi.
Più volte candidato al Nobel, Pahor ha vinto diversi premi letterari e nel 2007 è stato anche insignito della Legion d’onore. Nel 2020, il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana in occasione del quale aveva dichiarato: “Dedico le onorificenze a tutti i morti, alla memoria di tutti i morti, che sono tanti tanti. Cominciando dal fascismo e dal nazismo e un po’ anche la dittatura comunista. Ho avuto da fare con tutte e tre io”. Pahor è ritenuto una delle voci letterarie più importanti sulle deportazioni nei lager nazisti – a cui è sopravvissuto e di cui lo scrittore parla in “Necropoli” – e sulla discriminazione subita dalla minoranza slovena triestina durante il regime fascista.
“Con Boris Pahor perdiamo un grande scrittore, un gigante del Novecento che ha saputo raccontare, con maestria, lucidità e senza sconti, l’orrore del lager e della deportazione e condannare ogni forma di totalitarismo. Mi stringo al dolore dei familiari e dei tanti amici che oggi perdono un punto di riferimento” è il ricordo del ministro della Cultura, Dario Franceschini, al grande intellettuale.