Inchiesta dossieraggio, morto l’ex super poliziotto Carmine Gallo. Era ai domiciliari


È morto, stroncato da un infarto, Carmine Gallo, 66 anni, ex super poliziotto, agli arresti domiciliari nella sua casa a Garbagnate milanese, per l’indagine su una presunta rete di spie legata alla società Equalize, di cui, secondo gli inquirenti, sarebbe stato a capo. Sul suo corpo è stata disposta l’autopsia. Gallo – originario di Gragnano, in provincia di Napoli – era finito ai domiciliari lo scorso ottobre nell’ambito dell’indagine del pm della Dda di Milano, Francesco De Tommasi e del collega della Dna Antonio Ardituro, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico. Secondo le ipotesi dei magistrati, sarebbe stato il capo della rete di cyber spie che, grazie alle capacità tecniche di Nunzio Samuele Calamucci, avrebbe portato avanti una attività di dossieraggio illecito per i clienti della società Equalize, di proprietà di Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera Milano.
Al momento del malore, Gallo era in casa con la moglie, in attesa dell’udienza del 19 marzo davanti al Tribunale del Riesame, in merito all’appello proposto dalla Procura nei suoi confronti e nei confronti dei suoi co-indagati per chiedere una misura cautelare più grave: il carcere, sia per lui che per Calamucci, mente informatica del gruppo. Gallo, entrato in polizia nel 1978, per oltre trent’anni è stato in prima linea nelle operazioni più delicate in Italia e all’estero contro la mafia calabrese, al punto da guadagnarsi la fama di “superpoliziotto”. Dopo essere stato alla sezione antiterrorismo della Digos milanese, si è specializzato nella lotta alla criminalità organizzata e nelle indagini sui sequestri di persona. Non solo si è occupato del caso Sgarella, ricevendo mano libera per condurre l’ultima parte delle trattative in Calabria per ottenere la liberazione dell’imprenditrice, ma anche del rapimento di Cesare Casella, il 18enne che venne prelevato a Pavia il 18 gennaio 1988 e rilasciato il 30 gennaio 1990 dopo due anni di prigionia in Aspromonte.
È stato anche ritenuto l’artefice del pentimento del boss della ‘ndrangheta Saverio Morabito, di cui ha raccolto le confessioni in migliaia di pagine di verbali che, oltre a confluire nell’inchiesta sulla Duomo Connection, hanno portato all’arresto nell’ottobre del 1993 di circa 200 persone in quella che è stata chiamata l’operazione Nord-Sud. Fu sempre lui con la sua squadra, a risolvere il delitto Gucci e a consegnare l’ordinanza di custodia cautelare a Patrizia Reggiani, la mandante dell’omicidio del marito. Il suo contributo è stato decisivo anche nelle indagini che portarono alla cattura a Padova del killer Michele Profeta. Il suo ultimo incarico prima di andare in pensione risale al 2018, quando era vice-dirigente del commissariato di Rho-Pero dove nel 2015 aveva gestito la sicurezza dei capi di Stato arrivati in città per l’Expo. Con l’arrivo della pensione l’inizio dei rapporti con privati. A partire da quello con Pazzali e la società Equalize. Seguono, come noto, l’indagine sulle cyber spie, i dossier e i domiciliari. Circostanze dalle quali non avrà più la possibilità di difendersi.