Inchiesta Liguria: Toti resta ai domiciliari

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I giudici del Riesame del tribunale di Genova hanno respinto l’istanza di revoca degli arresti domiciliari per Giovanni Toti. Il presidente della Regione Liguria, che è stato arrestato il 7 maggio con l’accusa di corruzione, resta dunque in stato di detenzione nella sua casa di Ameglia (La Spezia). Nei giorni scorsi, nell’udienza di fronte al Tribunale del riesame, la procura di Genova aveva detto no a una misura meno afflittiva.

All’interno delle 33 pagine di ordinanza che contengono la decisione vengono meno le cautele nei confronti delle garanzie di indagine, ma restano le tutele in ordine al rischio di reiterazione del reato che motivano la bocciatura della richiesta. Settimane fa l’avvocato Savi aveva spiegato che in caso di diniego sarebbe stato avanzato ricorso in Cassazione.

I giudici del tribunale del Riesame nelle motivazioni hanno scritto: “L’interrogatorio di Giovanni Toti, infarcito da ‘non ricordo’, non ha brillato per chiarezza e trasparenza. I pretesi accordi corruttivi scaturiscono da puntuali intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno cristallizzato i contorni delle accuse”.

E ancora: “C’era molto da ammettere, insomma, a fronte di captazioni che restituiscono il quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che, nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale, conversa amabilmente con gli stessi ‘finanziatori’ di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegna a intervenire presso le sedi competenti”. I giudici hanno anche precisato che Toti non sembra “aver compreso appieno la natura delle accuse”.

Le ipotesi di corruzione, hanno scritto inoltre, sono “sorrette da gravi indizi che Toti non ha inteso contestare”. E non riguardano “un illecito di natura veniale ove rapportate alle pubbliche funzioni di natura elettiva dal medesimo ricoperte, ma integrano un vulnus tra i più gravi che possano essere inferti al buon andamento dell’azione amministrativa, allo stesso rispetto della volontà popolare e ai diritti dei terzi”.

Nelle motivazioni si legge ancora che Giovanni Toti si sarebbe mosso come un amministratore di una società privata e non come la figura ideale di un pubblico amministratore che ha voluto delineare nella memoria difensiva.
“Non era Toti a delineare i propri piani e a discuterli mediando tra i vari operatori del settore ma era Spinelli (Aldo, anche lui ai domiciliari, ndr) a discutere i ‘propri’ piani di impresa con il presidente della Regione nel mentre questi gli sollecitava finanziamenti per il proprio movimento politico”.