Jessica Mantovani, perizia conferma la morte violenta: gettata viva in acqua
Ha sempre ribadito la convinzione che sua figlia fosse stata stata uccisa il padre della 37enne Jessica Mantovani, trovata morta tra le grate della centrale idroelettrica di Prevalle, nel bresciano, il 12 giugno scorso. Ora, a dargli ragione c’è anche una consulenza di parte chiesta dai genitori.
Già indagati a piede libero per omicidio volontario e distruzione di cadavere il 50enne Giancarlo Bresciani e il 23enne Marco Zocca, nella cui auto i carabinieri hanno trovato tracce di sangue nel baule e un paio di occhiali da vista sotto un sedile.
Già l’autopsia, negando il decesso per annegamento, stabilì che: “Il quadro lesivo di natura contusiva apprezzato sul cadavere è compatibile con l’impiego di mezzi di offesa naturali come calci e pugni”. La donna sarebbe poi stata gettata ancora viva nella centrale idroelettrica.
Il professor Andrea Gentilomo nella sua relazione conferma l’esito dell’autopsia, e cioè che l’ipotesi più ragionevole per la morte di Jessica sia l’omicidio e non l’incidente o il suicidio. Anche perché le analisi mediche dicono che non è morta per annegamento e che le ferite sul suo corpo non furono opera delle griglie della vasca di scolo. «Il quadro lesivo di natura contusiva — spiega il consulente — è compatibile con l’impiego di mezzi di offesa naturali come calci e pugni.
La frattura del naso, la lacerazione delle labbra sono state provocate da percosse; analoga spiegazione può avere la frattura delle costole”.
Secondo le ricostruzioni mediche inoltre, prima di morire la donna aveva assunto cocaina, “un dosaggio discretamente elevato, ma non letale”, e sarebbe stata colpita “con calci e pugni e trascinata ancora viva nel corso d’acqua”. Il corpo di Jessica è stato trovato in posizione fetale con un cuscino stretto tra le mani.
Il padre della 37enne non si dà pace: “Jessica poteva essere salvata. Sapevo che non era annegata perché mio fratello è morto 43 ani fa, a 25 anni, proprio annegando in un fiume e il suo cadavere non era nelle stesse condizioni di quello di mia figlia. Ogni giorno ripenso a quella sera in cui mi chiamò per andare a prenderla. Le dissi che sarei arrivato entro un’ora. Fossi arrivato subito oggi sarebbe ancora viva. Purtroppo mia figlia frequentava la casa di uno degli indagati per procurarsi la droga, ma non riesco proprio a capire che cosa sia successo quella maledetta sera”.