Morte Giulio Regeni, il NYT shock: gli Usa avevano le prove sul coinvolgimento egiziano
Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
La madre di Giulio Regeni, Paola Deffendi, ha riassunto in poche parole la rabbia e il dolore per i fatti degli ultimi giorni: “Fiumicello, 15 agosto 2017, sempre più in lutto”. Un anno e mezzo fa il figlio è stato infatti torturato e ucciso e ad oggi si aspetta ancora la verità non è mai arrivata.
L’inchiesta è stata segnata da depistaggi, mancata collaborazione e silenzi, finché nei giorni scorsi è arrivata un’apertura da parte del governo egiziano che ha deciso di trasmettere alla Procura di Roma gli atti dell’interrogatorio di un agente. Da qui lo scenario ha cominciato a mutare: prima è arrivata la decisione del governo di rimandare al Cairo l’ambasciatore italiano – per cui la famiglia ha espresso con un comunicato “la sua indignazione”; poche ore più tardi è apparso l’articolo del New York Times che, spiega come l’amministrazione Obama abbia informato Roma sul coinvolgimento dell’intelligence egiziana nell’omicidio di Giulio.
Secondo il corrispondente dal Cairo Declan Walsh del NYT Magazine: l’amministrazione Obama era in possesso di “prove esplosive” in grado di dimostrare che il ricercatore era stato rapito, seviziato e ucciso da ufficiali della sicurezza egiziana. “Le fonti – scrive Walsh – sono parte dell’intelligence americana e dell’amministrazione Obama che, alla fine del 2016, attraverso il Segretario di Stato John Kerry ebbe un confronto molto duro con il collega egiziano, Sameh Shoukry. La delegazione Usa però non riuscì a capire se il ministro stesse tergiversando o semplicemente non conoscesse la verità, spiega la fonte al giornale. Ma l’approccio duro di Kerry “provocò alzate di sopracciglio “all’interno dell’amministrazione, perché aveva la reputazione di “trattare l’Egitto – un fulcro della politica estera americana dal trattato di pace israelo-egiziano – con in guanti”.
Tuttavia fonti di Palazzo Chigi smentiscono la ricostruzione del quotidiano spiegando che nei contatti tra l’amministrazione Usa e il governo italiano non furono mai trasmessi elementi di fatto né tanto meno prove esplosive. Il governo inoltre fa sapere che la collaborazione con la Procura di Roma è sempre stata piena.