Stato-mafia, assoluzioni definitive per Dell’Utri, De Donno e Mori
Viene demolito dalla Cassazione l’impianto accusatorio dell’indagine sulla presunta trattativa Stato-mafia. E’ assoluzione per l’ex parlamentare Marcello Dell’Utri, per gli ex investigatori del Ros, il generale dell’Arma Mario Mori e gli ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Prescrizione per il boss di Cosa Nostra Leoluca Bagarella e per il medico Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.
Per quanto riguarda il generale dell’Arma Mori e per gli ufficiali dei carabinieri Subranni e De Donno, al termine della camera di consiglio, i giudici hanno annullato la sentenza di appello senza rinvio, con la formula per non aver commesso il fatto. I supremi giudici sono quindi andati oltre quanto già deciso dai giudici di secondo grado di Palermo perché nel far cadere le accuse hanno utilizzato una formula più ampia.
Per le posizioni di Bagarella e Cinà, condannati in secondo grado rispettivamente a 27 e 12 anni, i giudici del Palazzaccio hanno riqualificato i reati di violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato nella forma del tentativo: con la riqualificazione la fattispecie è andata, quindi, in prescrizione.
In aula, al momento della lettura del dispositivo, era presente Mori che ha affermato di sentirsi “parzialmente soddisfatto” dalla decisione “considerando che – ha detto – per 20 anni mi hanno tenuto sotto processo. Ero convinto di non avere fatto nulla, il mio mestiere lo conosco, so che se avessi sbagliato me ne sarei accorto”.
Ad Adnkronos la figlia di Subranni, Danila, ha commentato così la sentenza della Cassazione, che ha assolto il generale”per non aver commesso il fatto”: “Onore ai combattenti. A quelli ancora in piedi e forti e a quelli seduti, per malattia e per stanchezza. Come mio padre”. E ha aggiunto: “Arrivi vigore a tutti da questa sentenza, che dà la convinzione e anche la speranza che la giustizia, se sbaglia, può tornare indietro. Io non ho il dono della dimenticanza e per me chi sbaglia deve pagare. Magistrati onorevoli hanno finalmente restituito la dignità non a mio padre, non ai ‘combattenti’ che mai l’hanno perduta, ma alla giustizia stessa, di cui predicano il verbo. Io e la mia famiglia chiederemo a uno a uno, nei linguaggi e nei modi che la legge consente, il risarcimento di tanto dolore inflitto che non ha portato bene neanche a loro, vergogna dello Stato”.