Strage di Erba, Olindo Romano e Rosa Bazzi restano in carcere. Nessun nuovo processo [Cronaca – Bazzi]

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I giudici della Corte d’appello di Brescia hanno rigettato l’istanza di revisione presentata circa un anno fa da Olindo Romano e Rosa Bazzi: non ci sarà nessun nuovo processo per i due coniugi ma resta possibile il ricorso in Corte di Cassazione contro la sentenza dei giudici bresciani.

La decisione è arrivata dopo circa cinque ore di camera di consiglio. Olindo Romano e Rosa Bazzi rimangono quindi condannati all’ergastolo per l’ormai tristemente nota “strage di Erba” in cui l’11 dicembre del 2006, morirono Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.

Gli avvocati difensori hanno tentato di ribaltare la condanna all’ergastolo mettendo in discussione i tre pilastri dell’accusa: le confessioni degli imputati, il ricordo dell’unico testimone oculare – Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini e unico sopravvissuto al massacro (poi deceduto nel 2014) – e la prova scientifica, la traccia di sangue appartenente a Valeria Cherubini ritrovata nell’auto di Romano. Convinto dell’innocenza dei coniugi anche Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef: “Sono deluso, non sono stati loro”, ha detto dopo la decisione della Corte.

Inoltre secondo i legali della coppia le confessioni dei coniugi sarebbero “false”, infarcite di “errori” e “discrepanze”. Le versioni fornite da Bazzi e Romano, che avevano confessato quando erano già in carcere ma poi avevano entrambi ritrattato, sarebbero diverse l’una dall’altra e dunque non sovrapponibili. Non solo: la difesa della coppia, avvalendosi delle consulenze di alcuni esperti, insiste nel dire che quello per cui Figerio identificò Romano come l’aggressore fu un “falso ricordo”. Nel dicembre del 2006, data della testimonianza contestata, l’uomo aveva raggiunto “l’apice del suo deficit cognitivo”. Lo definiscono “soggetto cerebroleso” a cause delle ferite subite e all’intossicazione da monossido di carbonio causato dal fumo dell’incendio scoppiato nella corte di Erba. Il suo legale però assicura: “Era in grado di testimoniare”.