Uccise la moglie, assolto “per gelosia” anche in appello. La Procura aveva chiesto 21 anni
Assolto anche in appello. Antonio Gozzini è stato ritenuto incapace di intendere e di volere perché, stando ai giudici di secondo grado, “affetto da delirio di gelosia“. Professore in pensione, 81 anni, Gozzini nel 2019, a Brescia, aveva ucciso sua moglie Cristina Maioli, di professione insegnante. L’uomo aveva poi vegliato in casa il cadavere per ore prima di chiamare un’amica di famiglia e spiegare quanto aveva commesso. La Procura aveva chiesto per il suo caso una condanna a 21 anni di carcere, ritenendo l’uomo totalmente capace di intendere e volere.
All’emissione della sentenza di secondo grado, il procuratore Guido Rispoli ha lasciato l’aula della corte d’Assise d’appello di Brescia dicendo di aspettare di “leggere le motivazioni” alla base di questa scelta. Gozzini era stato assolto in primo grado dopo che il consulente della difesa e quello dell’accusa sostennero che era “affetto da un delirio di gelosia”. “La sua gelosia patologica – sono invece le parole del procuratore generale di Brescia pronunciate in aula – non era mai emersa prima dell’omicidio. Se n’è parlato solo a posteriori solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità”.
Il presidente della Corte d’Assise di Brescia, Roberto Spanò, nelle motivazioni della sentenza di primo grado aveva invece scritto: “Vanno tenuti ben distinti il delirio da altre forme di travolgimento della facoltà di discernimento che, non avendo base psicotica, possono e debbono essere controllate attraverso la inibizione della impulsività ed istintualità”. Oggi l’epilogo è stato lo stesso di quello di dicembre 2020: l’assoluzione dell’imputato per infermità mentale.