Merce con provenienza fasulla nel mercato del pellet: GdF ne sequestra 384 tonnellate
Il traffico illecito di pellet su ampia scala finisce sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza di Vicenza e sulle pagine di cronaca. Le Fiamme Gialle beriche hanno infatti approfondito le dinamiche del mercato dei combustibili facendo emergere traffici di materiale privo della certificazione di qualità obbligatoria e della prevista etichettatura. Aspetto importante che si traduce nella salute del cittadino, vista la necessità di vigilare sulle emissioni nocive.
Sono finora 5 le imprese messe sotto indagine nell’ambito dell’operazione denominata “A quo venis?”, nel tentativo di rintracciare i movimenti del bene di consumo utilizzato nel riscaldamento domestico ma illecitamente messo in commercio, punire i responsabili e rivalersi a tutela della salute del cittadino. A Camisano Vicentino, Torrebelvicino e Zanè le ispezioni principali poste in campo nel corso delle indagini. Sono in tutto 384 le tonnellate di pellet sequestrate perchè poste in vendita all’ingrosso con false certificazioni di qualità, mendaci indicazioni di origine e in violazione del codice del consumo.
Bancali su bancali con sigilli del Gdf, stipati in capannoni e che dovranno rimare “congelati” fino al dissequestro, nonostante fossero destinati a riscaldare gli ambienti domestici. Per un valore al dettaglio dei sacchi che supera i 100 mila euro, a seconda della qualità del legno compattato. In tema di salute, l’uso di tale prodotti non certificati, laddove sussistano dubbi sulla provenienza e sui controlli a cui sono sottoposti, comporta l’aumento di inquinamento atmosferico a causa dell’emissione di polveri sottili, con conseguente inalazione nociva di sostanze tossiche, compresi i metalli pesanti. Motivo principale per il quale deve essere sempre certificato “all’origine”, ossia al momento della produzione. Sull’etichetta, oltre alla tipologia indicata dal marchio, deve essere apposto anche un codice riconducibile all’Ente produttore certificato, indispensabile per verificare l’idoneità e la sicurezza del prodotto.
L’indagine nel Vicentino è stata avviata presso una ditta della zona industriale di Camisano Vicentino, con sede formale a Milano, attiva nel commercio all’ingrosso si semilavorati in legno. Con la consulenza di periti specializzati in materia, i finanzieri hanno accertato più irregolarità nell’importazione dei socchi di materiale ligneo, che recavano provenienza fittizia (da Austria, Svezia e Norvegia nei marchi infedeli) per sviare eventuali controlli sulle certificazioni di qualità tassativamente vincolate allo stato di provenienza. L’origine effettiva era invece la Lituania, dove tra l’altro risulta un domicilio di un indagato. In zona industriale camisanese invece sono stati sequestrati circa 21.550 sacchi di pellet, per un peso corrispettivo di circa 322 tonnellate. Denunciato il legale rappresentante dell’azienda, D.B. le sue iniziali, 53enne padovano residente tra Gazzo Padovano e la Lituania.
Analogo intervento delle Fiamme Gialle ha visto impegnati gli operatori della tenenza di Schio proprio nella città altovicentina e a Torrebelvicino, facendo visita a una ditta individuale anch’essa attiva nel commercio dei derivati del legno nelle due sedi di vendita, e risalendo poi a ditte collegate nel Trentino. I finanzieri scledensi hanno individuato 3.338 sacchetti da 15 chili non in regola, per circa 60 tonnellate. Per il rivenditore, la sanzione amministrativa da comminare potrà arrivare a 25 mila euro su una parte della merce “meno problematica” dal punto di vista delle certificazioni. Per la parte di risultata importata dalla Romania senza rispettare i crismi – circa 49 tonnellate – è scattato anche in questo caso il sequestro con denuncia per il titolare, un imprenditore scledense di 56 anni (A.G.D.F. le iniziali), per il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. Altri “affari torbidi” nello stesso settore di vendita hanno visto i finanzieri approfondire la provenienza dei bancali di pellet in possesso di un’azienda di Zanè (1.740 chili in “fuori gioco”), con verbale e sanzione da definire.