Il sesso nel terzo millennio: in “About sex” lo raccontano i vicentini Zaltron e Cavalli
Se l’espressione “fare l’amore” è ormai enigmatica, che cosa significherà nel terzo millennio “fare sesso”? Nel tentativo di dare una risposta, i due autori vicentini Alessandro Zaltron e Marco Cavalli hanno scritto un romanzo che li tuffa in un turbinio di questioni laterali ma fondamentali: i rapporti di coppia, i giochi delle parti, le cosiddette malattie veneree, i delitti assurdamente definiti passionali, fino alla chirurgia estetica. E’ questo “About Sex“, scanzonato e al tempo stesso serissimo girovagare tra i miti e i riti, le frasi fatte e i conti in sospeso in una tragicomica mappa dell’Eros nei nostri tempi. Quella che segue è un’intervista a loro, a doppia voce.
Perché, proprio oggi, un libro sul sesso?
AZ: «Perché ora o mai più. Come recita la fascetta del libro, di ‘congedo dal sesso’ si tratta. Se un sesso ci sarà ancora d’ora in avanti, sarà totalmente diverso da come lo si è immaginato, fatto, subìto finora. Quella di Cavalli e mia è una testimonianza, non tanto personale quanto generazionale, epocale anzi, che un domani tornerà buona come reperto per gli studiosi di archeologia».
MC: «Perché da almeno vent’anni non si sente più dire una parola sensata in materia. Gli unici discorsi sulla sessualità sono di tipo tecnico. Ingranaggi inceppati da oliare, circuiti in avaria da sostituire, minuto mantenimento del sistema idraulico, e via dicendo. È la retorica dei sessuologi televisivi, il sesso ridotto alla sua meccanica. Una noia micidiale, ma anche un incitamento all’analfabetismo. Qualunque informazione che evada dalla sfera andrologico-ginecologica è guardata con diffidenza, quasi fosse un atto di terrorismo ai danni del sesso. Apposta abbiamo messo in copertina un quadro vittoriano che ha per soggetto il mito di Amore e Psiche. Al contatto di Eros, Psiche risponde con un fremito danzante dei fianchi, ma stando attenta a tenere gli occhi ben chiusi. Le ali viola di lui, incombenti come un nuvolone temporalesco, ricordano col loro colore funebre i pericoli che comporta dire una parola esatta sull’amore fisico, un atto che per compiersi ha ancora bisogno di buio, omertà, silenzio. Lo dice anche il sottotitolo del nostro libro: ‘Una parola sfuggita dal sesso’ (calco di un celebre verso di Metastasio: ‘Voce dal sen sfuggita, più richiamar non vale‘), può costare cara al sesso».
Leggendo “About sex” si ricava l’impressione che per voi il sesso sia soprattutto un’occasione per parlare delle cose che girano attorno al sesso. Quali sono quelle che ritenete centrali?
AZ: «Nel nostro romanzo c’è di tutto: la coppia e il suo scoppio, la pornografia, l’impotenza, lo stalking, etero e omosessualità, gelosia e tradimento, il femminicidio, le bambole gonfiabili, il sesso social, i sex shop. Non vi sono cose centrali, il sesso è periferico persino e soprattutto rispetto alla genitalità che nel pensar comune ne costituisce l’essenza. Parlando di sesso, si parla necessariamente di tutto ciò che vi è intorno, di qui l’about del titolo».
La visione che avete dei rapporti tra uomo e donna è a dir poco pessimistica. Secondo voi, non esiste una possibilità di armonizzare questi che definite due mondi inconciliabili?
AZ: «Più che pessimistica, realistica. Diverse lettrici hanno ammesso durante le presentazioni del libro che non siamo noi cinici ma loro credulone; hanno sempre avuto il sospetto che fosse vero sulla loro pelle quanto da noi articolato, per esempio che donne e uomini non sono fatti per stare assieme costi quel che costi, ma sarebbe una sconfitta, la caduta del romanticismo, l’ammetterlo. A quaranta, cinquant’anni, confidare ancora nel vero amore a venire dopo averne sperimentati a decine e per ciò stesso falsi a posteriori, o invocare l’ “incastro perfetto” una volta falliti tutti, ebbene dovrebbe convincere che è preferibile la realtà con cui venire a patti che una fiaba più fuoricorso di una banconota da mille euro».
MC: «Il bersaglio polemico del nostro libro è l’eterosessualità, l’ideologia che regola le relazioni di uomini e donne – che non vuol dire degli uomini con le donne. Nell’eterosessualità a contare sono i ruoli di maschio e femmina. Il maschio comanda, la femmina ubbidisce. È indifferente chi fa il maschio e chi la femmina. Agli uomini la sottomissione non dispiace affatto, e le donne di potere sanno fare i maschi meglio di molti uomini. L’essenziale è che lo schema maschio-femmina si imponga in ogni relazione, non importa se tra due uomini o tra due donne o tra un uomo e una donna. Che due uomini (o due donne) scopino tra loro, non basta perché si possa parlare di omosessualità. Ma la scoperta sorprendente che ci è capitato di fare scrivendo About sex è questa: togli alla sessualità normativa i suoi teatrini di potere debitamente inciviliti, e addio sessualità. Ebbene sì: siamo andati sulla luna, abbiamo inventato il cyberspazio, ma la nostra immaginazione erotica è ferma a un leghismo da rigatteria».
Scorrendo l’indice si capisce quali sono gli argomenti che vi interessano: coppie, amanti, pornografia, sesso virtuale. Ci sono temi che avete omesso di proposito o che, in seguito, avete scoperto di aver trascurato?
MC: «Sui comportamenti sessuali delle ultime generazioni abbiamo parlato poco, e volutamente. Del resto, li conosciamo solo per sentito dire. Una conoscenza diretta della sessualità dei millennials è ormai improponibile, per Zaltron e per me. In nessun caso potremmo avere rapporti sessuali con persone che hanno trent’anni meno di noi. Non si tratta di un fatto anagrafico, e neppure di una censura morale. È il sentimento del ridicolo a frenarci. Un sentimento che potrà sembrare eccessivo, ma che assegna una data di nascita e una di morte alla nostra sessualità. L’esserne diventati esperti, l’averla descritta dall’interno e dall’esterno, non significa per forza che vogliamo disfarcene. È la sessualità, semmai, ad averci seminato strada facendo. È questo il succo, e il bello, del nostro libro. Non a caso la fascetta editoriale che lo accompagna recita: “Congedo dal sesso”. Quando hai visto i limiti della sessualità che ti è stata inculcata perdi la capacità di viverla come prima, e nemmeno sei in grado di sostituirla. Anche ad aver elaborato nel frattempo una sessualità alternativa, resta il problema della condivisione. E se la maggioranza è soddisfatta della sessualità che ha avuto in dote, sei punto e a capo».
AZ: «Che io ricordi, avevamo ipotizzato di inserire lo scambio di coppia ma, non avendo materiale di prima mano da mettere in campo, ce ne siamo astenuti. Personalmente, magari ne avrei detto una banalità, e cioè che il problema delle coppie non è mischiarle temporaneamente tra loro ma che poi il tuo partner ti viene restituito in pianta stabile oppure, il che è equivalente, sostituito da uno scambista che finirà per venirti a noia esattamente come l’altro e, come lui, tenterai di barattarlo prima che lui scambi te».
Nel vostro libro parlate di voi, delle vostre esperienze. Eppure sotto il titolo “About sex” avete messo “romanzo”. Come dovrebbero porsi i lettori rispetto a ciò che raccontate? Devono intenderlo una testimonianza o come un racconto d’invenzione?
AZ: «Intanto dovrebbero intenderlo, cioè leggerlo non per trovarvi l’autobiografia propria o degli autori. È chiaro che uno scrittore parte da ciò che conosce meglio, il vissuto suo e degli altri. Quando si scrive di sesso, il peccato non è dire qualcosa di sé ma non dire niente di sé».
MC: «About sex non è un’autobiografia o un diario delle avventure e disavventure personali dei suoi autori. Abbiamo attinto alle nostre esperienze soprattutto perché non hanno niente di eccezionale. Non sono amene, sorprendenti, stravaganti. La loro mediocrità le rende esemplari e dunque degne di interesse. Restare agganciati alle nostre esperienze ci ha preservato dalla teorizzazione a priori, dal vaniloquio che si nutre di concetti e non trova mai un riscontro nella condizione reale di chi parla. La definizione di “romanzo” data al nostro libro è un po’ eterodossa. Chiamiamo romanzo ogni libro che, per una felice corrispondenza di forma e contenuti, incrementa anche soltanto di un micron la consapevolezza dei lettori intorno al tema trattato».
Il libro è suddiviso in cinquanta capitoli, ventuno scritti da Cavalli, ventisette da Zaltron, un paio a firma di entrambi. Che criterio avete seguito per comporre l’opera? Come avete fatto a fabbricare i diversi pezzi del vostro puzzle?
MC: «È tutto detto nel capitolo d’apertura. Per circa sei anni abbiamo scritto a ruota libera, ciascuno per conto suo. Ci tenevamo d’occhio a vicenda, ma allora non esisteva ancora un progetto editoriale preciso, definito. Il nostro era un esperimento di scrittura a quattro mani aperto a qualunque esito, incluso il fallimento. Solo quando abbiamo messo insieme i nostri testi ci siamo accorti che poteva venirne fuori un libro. A quel punto è cominciato il lavoro duro. Fare un libro significa dare unità e continuità a una serie di elementi sparpagliati e disomogenei. Capisci che un ordine si è realizzato quando il libro inizia a opporre una resistenza attiva ai suoi stessi autori, come se difendesse una propria autonomia. Da quel momento è solo una questione di messa a punto, durante la quale non devi far altro che seguire le indicazioni che vengono dalla struttura».
AZ: «Accantonata l’ipotesi di partire da una struttura organica, abbiamo preferito scrivere ciò che ci sembrava vero sul sesso, cioè non stereotipato, oppure stereotipato in maniera consapevole. Non c’è stata una divisione di compiti ma una scrittura ciascuno per conto proprio quanto più possibile sincera. Quando il materiale, escluso il molto scartato, ha acquisito una certa consistenza, ci siamo resi conto che era un qualcosa di organico, giacché il romanzo non è dato dalla narrazione in prima o in terza persona ma da una struttura interna solida. A quel punto si è trattato di organizzare la sequenza, che nel nostro caso parte dalla scoperta individuale del sesso e arriva alla frontiera attuale: il sesso digitale, anticamera di un sesso del tutto virtuale».