Oxfam lancia l’allarme: “Disuguaglianze senza precedenti, paperoni sempre più ricchi”
Il potere al servizio di pochi. Da sempre. E sempre di più. Il nuovo rapporto Oxfam sulle disuguaglianze nel mondo, pubblicato a corollario dell’evento del World Economic Forum di Davos, traccia una mappa con tantissime luci e poche ombre. E così, mentre i cinque uomini più ricchi al mondo (Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett) raddoppiano le proprie fortune – da 405 a 869 miliardi di dollari – a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, 5 miliardi di persone più povere rimangono inchiodate alla propria condizione.
Ne deriva che, ai ritmi attuali, ci vorranno oltre 2 secoli (230 anni nel dettaglio) per porre fine alla povertà. Tuttavia, spiega la ong, nel giro di un decennio potremmo avere il primo trilionario della storia dell’umanità.
Insomma, quello tracciato nella cittadina svizzera – dove i potenti del mondo faranno il punto sulle sfide globali – è un quadro sempre più drammatico di povertà, disuguaglianze, crisi sociali e ricchezza estrema. L’aumento della ricchezza estrema nell’ultimo triennio, spiega Oxfam nel rapporto “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, “è stato poderoso, mentre la povertà globale rimane inchiodata a livelli pre-pandemici”. Oggi i miliardari sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e i loro patrimoni sono cresciuti tre volte più velocemente del tasso di inflazione. L’incremento dei patrimoni dei miliardari rispecchia la “straordinaria performance” delle società che controllano. “Il 2023 è destinato a essere ricordato come l’anno più redditizio di sempre”, sottolinea il rapporto.
Ma se le imprese sono riuscite a tutelare i propri margini di profitto durante la fase più acuta della crisi inflattiva, non si può dire lo stesso per ampi segmenti della forza lavoro che hanno invece perso potere d’acquisto. Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi, i salari non hanno tenuto il passo dell’aumento dei prezzi. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile per ciascun lavoratore.