Oxfam lancia l’allarme: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri
Oxfam lancia l’allarme sulle diseguaglianze: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri e il divario cresce, nel mondo e anche in Italia. L’1% più ricco della popolazione mondiale continua a possedere come il restante 99% e si arricchisce sempre di più.
Infatti l’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato nel mondo tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato in tasca a questi Paperoni mentre nemmeno un centesimo è finito alla metà più povera del pianeta, che conta 3,7 miliardi di persone.
“Ricompensare il lavoro, non la ricchezza” è il rapporto che l’ong britannica ha pubblicato sulla ricchezza nel mondo alla vigilia del World Economic Forum di Davos, che vedrà riuniti nella cittadina svizzera il gotha mondiale dell’economia e della politica.
Il report utilizza i dati elaborati dal Credit Suisse tenendo conto di nuove informazioni che arrivano sui nuovi ricchi di Russia, Cina e India e, dice la presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino, si sintetizza in due parole: “miseri e disuguali”. “Un miliardario ogni due giorni non è sintomo di un’economia fiorente se a pagarne il prezzo sono le fasce più povere e vulnerabili dell’umanità”, conclude la Iachino.
Ancora più grave la situazione lavorativa delle donne che subiscono in media un divario retributivo del 23%, spiega Oxfam rilanciando l’allarme dell’Onu. E questo vale per tutte le fasce di ricchezza se si pensa che 9 miliardari su 10 sono uomini. Inoltre sono loro a subire le maggiori vessazioni. “In ogni parte del mondo abbiamo raccolto testimoniane di donne schiacciate dall’ingiustizia e dalla diseguaglianza – racconta Maurizia Iachino, presidente italiana di Oxfam – In Vietnam le lavoratrici del settore abbigliamento non vedono i loro figli per mesi, per via delle lunghissime giornate lavorative. Negli Usa abbiamo scoperto che alle lavoratrici dell’industria del pollame non era consentito andare in bagno ed era imposto di indossare i pannolini”.
In Italia nel 2016 le donne rappresentavano appena il 28,4% dei profili dirigenziali e, nel global gender gap del Wef, che misura i divari uomo-donna, l’Italia è solo all’82° posto su 144 Paesi. Certo non è il Bangladesh dove il top manager di una delle prime cinque compagnie dell’abbigliamento guadagna in 4 giorni quando una sua lavoratrice in una intera vita, ma è un dato che dovrebbe far riflettere per un Paese che si fregia di essere tra le prime sette-otto economie del mondo.