Cgia, evidenti differenze tra Nord e Sud su buste paga e tredicesime

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Sono evidentissime le differenze retributive tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e quelli del Sud Italia: al settentrione la busta paga è di circa 2mila euro lordi al mese, mentre nel meridione sfiora i 1.350. Al Nord si guadagna dunque quasi il 50% in più e la discrepanza riguarda anche le tredicesime. Lo rileva la Cgia di Mestre.

Ovviamente queste disuguaglianze salariali sono collegate al caro-vita e alla produttività, decisamente superiori al Nord rispetto al Sud ma anche al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente dalla presenza dei contratti a termine (part time involontario, stagionali, intermittenti, etc.), che gravitano in particolare nel Mezzogiorno e alla concentrazione delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle Pmi, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente lungo tutto il Paese.

Gli stipendi più alti si registrano a Milano dove la retribuzione mensile media nel 2023 è stata di 2.642 euro. Seguono i dipendenti privati di Monza-Brianza con 2.218 euro e i lavoratori delle province ubicate lungo la via Emilia: Parma con una busta paga lorda di 2.144 euro, Modena con 2.129 euro, Bologna con 2.123 euro e Reggio Emilia con 2.072 euro.

La prima realtà geografica del Sud è Chieti che occupa il 55° posto con una retribuzione mensile media di 1.598 euro. Infine, tra le province con le retribuzioni più “leggere” scorgiamo Trapani con 1.143 euro, Cosenza con 1.140 euro e Nuoro con 1.129 euro. Maglia nera a livello nazionale è Vibo Valentia, dove i dipendenti occupati in questo territorio percepiscono uno stipendio mensile medio di soli 1.030 euro.

Per molte Pmi tra Natale ed Epifania scattano le ferie “forzate”: diverse piccole e medie imprese manifatturiere dei settori più in affanno hanno deciso quest’anno di sospendere l’attività dal 24 dicembre fino all’Epifania. La mancanza di ordini ha praticamente “obbligato” molti imprenditori a chiudere i cancelli delle proprie fabbriche per circa quindici giorni, consentendo così ai propri collaboratori di usufruire delle ferie accumulate nei mesi precedenti, ma non ancora godute.