Istat, in Italia oltre 5,7 milioni in povertà assoluta
L’Italia lascia indietro 5,7 milioni di persone. La fotografia scattata dall’Istat sullo stato di salute dell’economia italiana restituisce un ritratto impietoso. In dieci anni, nel nostro Paese, gli individui in stato di povertà assoluta sono aumentati di oltre un milione e mezzo. Erano 4 milioni 149mila nel 2014; oggi sono 5 milioni 752mila. Un dato impressionante che mostra quanto, nonostante l’incremento della spesa pubblica a sostegno dei più indigenti il Bel Paese abbia fatto fatica a non lasciare nessuno indietro.
Secondo le stime preliminari dell’Istituto di statistica per l’anno 2023, l’incidenza di povertà assoluta è pari all’8,5% tra le famiglie (8,3% nel 2022) e al 9,8% tra gli individui (9,7% nel 2022), in un quadro di sostanziale stabilità rispetto al 2022. Si tratta di oltre 2 milioni 234mila famiglie. Ancora più preoccupante è il dato sui minori dove l’incidenza di povertà assoluta individuale nel 2023 è pari al 14% (1,3 milioni di individui): il valore più alto della serie storica dal 2014.
A soffrire un po’ di più è il Mezzogiorno. L’incidenza di povertà assoluta familiare per ripartizione mostra il valore più elevato al Sud (10,3%, coinvolgendo 866mila famiglie), seguito dal Nord (8,0%, un milione di famiglie) e dal Centro (6,8%, 365mila famiglie). L’incidenza individuale conferma un Sud che mostra i valori più elevati (12,1%), sebbene, rispetto al 2022, il Nord presenti segnali di peggioramento (9% dall`8,5%; 2,4 milioni di persone). Le stime preliminari 2023 mostrano per le diverse tipologie familiari una stabilità dell’incidenza, confermando il quadro del 2022.
A presentare i valori più elevati sono le famiglie più numerose: quelle con cinque e più componenti si attestano al 20,3% (tornando ai valori del 2021), mentre il valore più basso è quello relativo alle famiglie con due componenti (6,1%). La presenza di figli minori continua a essere un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio.
L’inflazione spinge la spesa delle famiglie. Il dato cresce in termini correnti del 3,9% rispetto all’anno precedente. In termini reali invece si riduce dell’1,8% per effetto dell’inflazione, senza particolari differenze tra le famiglie più o meno abbienti. Nel dettaglio, la spesa media delle famiglie è cresciuta da 2.519 a 2.728 euro mensili, con un aumento in valori correnti dell’8,3%. Anche in questo caso il più penalizzato è il Sud.