L’Abi con Patuelli dice no ad ulteriori tasse, sì ad emissioni di Stato come nel ’44
Dopo la sollecitazione, arrivata dalla Banca d’Italia, che ha chiesto agli istituti di credito di intensificare gli sforzi per ridurre al minimo i disagi dell’utenza e per agevolare l’accesso alle misure di sostegno previste dall’ultimo provvedimento approvato dall’esecutivo, il numero uno dell’Abi (l’Associazione bancaria italiana), Antonio Patuelli è intervenuto sottolineando che le banche sono in prima linea per assicurare la massima celerità al decreto liquidità varato dal Governo.
Inoltre secondo Patuelli: “sarà la concorrenza fra le banche a garantire che saranno accelerati i tempi. Le imprese sono quasi tutte multi affidatarie (ovvero hanno rapporti con più banche, ndr) e quindi si rivolgeranno a quegli istituti di credito che garantiranno loro la maggiore velocità”.
Il numero uno dell’associazione ha quindi ricordato come l’Abi si sia da subito mobilitata, creando tra l’altro anche una task force con la Sace, la società della galassia di Cdp che dovrà rilasciare la nuova garanzia pubblica per le grandi imprese e per le Pmi che hanno già esaurito la loro capacità d’accesso al Fondo di garanzia gestito dal Mediocredito Centrale.
No ad ulteriori tassazioni: per Patuelli, occorre pensare “senza coercizione e con strumenti di incoraggiamento” ad “emissioni di titoli di Stato simili a quelli che l’Italia lanciò nel 1944 per la ricostruzione”. I titoli, chiarisce il presidente, sollecitato sulle diverse ipotesi di tassazioni o progetti per finanziare la ripresa, “potrebbero essere esenti da tassazione e aperti al risparmio degli italiani ma anche a quello europeo per convogliarlo verso gli investimenti produttivi”.
Patuelli: “possibili rischi di infiltrazione della criminalità”. Il numero uno dell’Abi è tornato sui richiami dei procuratori di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, che hanno lanciato l’allarme su possibili rischi di infiltrazione della criminalità in alcuni aspetti del decreto liquidità. “Condivido quell’appello – dichiara Patuelli -, la questione ha serie sfaccettature che non devono essere sottovalutate”. In sede di conversione del Decreto liquidità: “penso possano essere inseriti dei miglioramenti su quanto sollevato dai due procuratori come, ad esempio, la presentazione del certificato antimafia”.
Del resto la stessa Banca d’Italia ha raccomandato alle banche di tenere alta la guardia sui rischi di infiltrazione della criminalità nei “finanziamenti alle imprese garantiti dallo Stato” previsti dalle misure del governo. Tali prestiti mirano a “fornire le imprese della provvista necessaria per far fronte ai costi di funzionamento o a realizzare verificabili piani di ristrutturazione industriale e produttiva. Le banche dovranno quindi tenere conto di questi elementi nella verifica della clientela”, “sia in sede di concessione del finanziamento, sia nella fase di monitoraggio”.