Stop a sconto in fattura e cessione del credito, Confindustria Vicenza: “Schiaffo a famiglie e lavoratori”
“Si cambia il destino di aziende, di lavoratori e famiglie, di nascosto, dal giorno alla notte. Una cosa che non vedevamo dal 1992 con la famigerata patrimoniale di Amato che ricordiamo ancora tutti. Questo atteggiamento è inammissibile, dannosissimo, uno schiaffo in primis alle persone che perderanno il lavoro, perché è di questo che stiamo parlando, e alle famiglie che vedranno depauperati risparmi, investimenti e il bene primario della propria casa”. Non usa mezze parole Claudio Pozza, presidente della Sezione Costruttori Edili e Impianti di Confindustria Vicenza, riferendosi al decreto-legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella notte di ieri (16 febbraio) – da oggi in vigore – che vieta lo sconto in fattura e la cessione dei crediti per i bonus fiscali.
Una decisione considerata da Confindustria “molto dura” nei confronti del comparto dell’edilizia e adottata, peraltro, “senza individuare una soluzione in merito alla grave questione dei crediti fiscali incagliati presso le imprese che hanno applicato lo sconto in fattura ai propri clienti – ribadisce Pozza – e che, per effetto sempre di modifiche normative avvenute negli scorsi mesi ad opera del Governo, non riescono più a cedere detti crediti alle banche, risultando così a rischio fallimento”.
Le motivazioni adottate dal Governo per giustificare un simile intervento poggiano sulla necessità di mantenere i conti pubblici in ordine. “Forse – continua il Presidente -, le risorse potevano essere individuate riallocando consistenti centri di spesa destinati ad altri provvedimenti adottati recentemente dal Governo, dalla dubbia utilità per la collettività, senza scardinare il sistema dei bonus edilizi con gli effetti positivi che gli stessi hanno prodotto in termini di efficienza green degli edifici e di gettito per l’erario (Iva, contributi Inps, Irpef incassati dallo Stato per effetto dei maggiori lavori effettuati). Studi molto autorevoli hanno chiarito che il gettito fiscale che i bonus edilizi hanno prodotto a favore dello Stato vale, nel solo periodo gennaio–agosto 2022, 11 miliardi di euro, oltre agli effetti molto positivi sul Pil nazionale indotti dal settore delle costruzioni e certificati da Istat”.
Non viene considerata utile nemmeno la disciplina transitoria prevista dal Decreto: sono infatti esclusi dalla stretta gli interventi “Superbonus” per i quali è stata presentata la Cilas al 17 febbraio 2022 (per gli edifici unifamiliari) o, sempre alla data del 17 febbraio 2022 risulti adottatala delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la Cilas (per i condomini).
Inoltre, per le agevolazioni diverse dal “Superbonus” (es. “bonus casa” o “sisma bonus acquisti”), non rientrano nel divieto di cessione del credito o sconto in fattura gli interventi per i quali, al 17 febbraio 2022, risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo o per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori o, ancora, risulti regolarmente registrato il contratto preliminare oppure stipulato il contratto definitivo di compravendita dell’immobile nel caso di acquisto di unità immobiliari agevolate con le detrazioni.
“Il comparto dell’edilizia – spiega Pozza – si basa su programmazioni a lungo termine e, spesso, consistenti investimenti per i cantieri che sono effettuati ben prima della presentazione della Cila o della registrazione del contratto preliminare. Questa disciplina transitoria rischia di penalizzare le imprese che hanno fatto investimenti contando, in buonafede, sull’applicabilità dei meccanismi dello sconto in fattura o della cessione del credito a favore dei propri clienti, e che ora non possono procedere a concludere i progetti. Si tratta davvero di un tradimento del patto tra Stato e cittadini”.
Il decreto, infine, per Confindustria va controcorrente rispetto alla ormai ineluttabile tematica degli obblighi imposti dalla nuova Direttiva UE “Case Green”. Il giro di vite previsto dalla direttiva, in un così breve termine, impone ai contribuenti italiani costose ristrutturazioni per due immobili su tre, svalutando il valore degli immobili di classe energetica inferiore. Complessivamente, secondo autorevoli stime, la nuova normativa potrebbe comportare costi di riammodernamento per quasi 1.400 miliardi di euro da affrontare nell’arco di 7-10 anni. Una cifra notevole.
“Appare evidente che è necessaria una politica strutturale di incentivazione e l’adozione di rigorosi criteri di qualità per la corretta realizzazione degli interventi, ma questo nuovo provvedimento del Governo va esattamente in direzione contraria, bloccando il meccanismo dello sconto in fattura e della cessione del credito che premia solamente i ceti più abbienti che possono permettersi di anticipare le costose spese per gli interventi”, aggiunge Claudio Pozza.
In conclusione, in questo momento, le priorità individuate dalla Sezione Costruttori Edili e Impianti di Confindustria Vicenza sono: risolvere la questione dei crediti incagliati in capo alle imprese edili che rischia di far chiudere migliaia di imprese virtuose; modificare il provvedimento sul blocco della cessione dei crediti e dello sconto in fattura, quantomeno introducendo una disciplina transitoria più favorevole; introdurre una disciplina sugli incentivi edilizi, strutturale e di qualità, con regole certe, condivise e senza più sorprese per i contribuenti.
“Confidiamo che il Governo, nell’incontro previsto con le associazioni di categoria, voglia tempestivamente affrontare e risolvere tali importanti questioni e, nel breve termine, rimediare al grave errore commesso con il Decreto approvato ieri”, conclude Pozza.