Sant’Urbano sotterraneo a Montecchio Maggiore
L’area del Monte Costi, nel territorio di Sant’Urbano di Montecchio Maggiore, cela nel sottosuolo un’interessante varietà di cavità ipogee, sia naturali che artificiali.
Tra queste ultime si ritrovano le Priare, ovvero le cave di pietra bianca di Vicenza, le quali sono solo uno dei molti siti disseminati sui rilievi dell’Ovest Vicentino e dei Colli Berici.
Le Priare di Sant’Urbano si possono visitare facilmente percorrendo il sentiero 6 che ha inizio dal centro del paese, a poche centinaia di metri dal camposanto. Presentano le caratteristiche colonne calcaree che sorreggono la volta della cava e ampi ambienti ricavati dall’estrazione della pietra. Attualmente, dopo l’abbandono dell’attività estrattiva, sono utilizzate come deposito di attrezzi agricoli.
Non molto lontane, ma assai meno note, vi sono le Sabbionare del Monte Costi. Esse sono un articolato complesso sotterraneo, anch’esso di natura artificiale, sfruttato in tempi passati per l’estrazione di materiale sabbioso. La geologia del Monte Costi, infatti, presenta uno strato di arenarie calcaree e marnose che poggia su un sottostante strato di rocce calcaree, separati da un sottile strato di tufo. Le Sabbionare, a differenza delle Priare, presentano basse gallerie dove è necessario avanzare a carponi. Si aprono a ventaglio verso l’interno del monte e costituiscono quindi una cavità labirintica dove occorre prestare attenzione a non perdersi.
All’interno del complesso spicca il colore giallo della roccia ed è possibile ammirare ancora oggi il paziente lavoro di scavo di chi con fatica lavorò qui dentro, dove i segni del piccone sono ancor visibili sul soffitto e si apprezza la cura nel creare i muri a secco che delimitano le gallerie.
Sia i tassi che le volpi frequentano con regolarità queste cavità.
Scendendo dalla parte opposta del Monte Costi, lungo la Strada delle Sgreve, si trovano le Spurghe, una delle meraviglie geologiche più belle di tutto il vicentino. Oltre al suggestivo percorso che si può effettuare all’interno dei loro meandri, simili a canyon, si trovano diverse grotte originate per lo scivolamento di due strati di rocce.
Fra le più estese si annoverano la Grotta della Sopravvivenza e il Buso del Mistro.
La prima presenta uno sviluppo di un centinaio di metri; dopo essere entrati attraverso un anfratto fra le rocce calcaree si percorre una galleria a L, dove due ampi pozzi comunicanti con l’esterno lasciano penetrare la luce dall’esterno rendendo piuttosto suggestiva la sua esplorazione. Poco dopo la grotta termina con una piccola sala ingombra di massi di crollo.
Il Buso del Mistro, noto anche come Voragine dei Sabbioni o Spluga della Saresara, con i suoi 342 metri di sviluppo rappresenta la grotta più estesa del Comune di Montecchio Maggiore. Per esplorarla non sono necessarie corde, ma la difficoltà di accesso e le numerose voragini nelle vicinanze sconsigliano la visita a chi non ha familiarità del luogo. Il grande ingresso principale, situato all’interno di una forra umida e lussureggiante, incute un certo timore e fascino al contempo. Una vecchia scaletta in legno ormai marcio aiuta a scendere un breve salto di roccia. Si entra quindi nella cavità, caratterizzata da grandi ambienti originati da crolli. Poco dopo l’ingresso si trova forse il punto più affascinante della grotta: un ampio pozzo circolare dal quale penetra la luce che rischiara il fondo della grotta. Purtroppo negli anni questa voragine è stata utilizzata come discarica abusiva: si ritrovano infatti rifiuti di vario genere che lasciano intuire come siano ancora lontane una cultura e una consapevolezza dell’ambiente ipogeo.
Si prosegue poi fra grandi massi, con brevi salite e discese seguendo la galleria che verso la fine si restringe sempre più fino a diventare impercorribile. Le concrezioni sono rare, mentre si riscontra in diversi punti lo stesso materiale sabbioso delle Sabbionare.
Tornati all’esterno, in breve si ridiscende alla Strada delle Sgreve, quindi alla chiesa di Sant’Urbano.