Caso Quero, “battaglia” politica a suon di test. Dopo l’antidroga spunta quello dell’intelligenza
Non si spegne la polemica tra amministrazione comunale e opposizione a Vicenza, scatenata dal caso Quero. E’ una “battaglia” che si combatte in buona parte sul web, a suon di post e di botta e risposta. Protagonisti, in particolare, il vicesindaco Jacopo Bulgarini d’Elci e i consiglieri di minoranza Francesco Rucco (Idea Vicenza) e Claudio Cicero (lista omonima). Proprio loro due, poco dopo che la notizia dell’arresto per droga del manager pubblico Matteo Quero avvenuta a dicembre in Germania era divenuta di dominio pubblico, hanno chiesto che gli amministratori locali si sottoponessero al test antidroga. Un appello a cui Bulgarini d’Elci ha risposto su Facebook, rilanciando con una richiesta di un test per misurare l’intelligenza. Polemica chiama polemica, post chiama post.
Si è invece chiuso nel silenzio Quero che non vuole parlare di quanto accaduto, mentre il suo legale ha fatto sapere che i 150 grammi di marijuana e e 15 grammi di hashish trovati nel furgone guidato da Quero a metà dicembre, durante un controllo stradale della polizia in Germania, erano per uso personale ed erano stati comprati in Olanda, dove l’acquisto è legale (il 50enne è rimasto in stato di fermo per un giorno, dopo è potuto tornare a casa). E il sindaco Achille Variati, accusando Quero di tradimento, ha chiesto e ottenuto la revoca dell’incarico di amministratore unico dell’azienda partecipata Aim-Amcps affidatogli qualche anno fa. Variati gli aveva dato una seconda possibilità, dopo che nel 2008 l’aveva rimosso dall’assessorato alla cultura in seguito alla notizia che si era rifiutato di sottoporsi all’alcoltest ad un controllo dei carabinieri.
Intanto, la minoranza trova il terreno fertile per sferrare attacchi all’amministrazione Variati, mentre il vicesindaco Bulgarini d’Elci replica con altrettante provocazioni. Se, infatti, venerdì aveva dato del “mona” al suo “amico” Quero dicendosi deluso ma facendo sapere di continuare a “volergli bene”, ieri ha sfidato i consiglieri di opposizione con questo post: “Il test antidroga reclamato per tutti gli amministratori dal centrodestra vicentino, che ha la bava alla bocca per le disgrazie di Quero, puzza di moralismo stantio e si candida al premio dell’idea più idiota dell’anno. Allora rilancio: io faccio il test antidroga se loro fanno quello del Quoziente Intellettivo. Risultati pubblici. Io non ho paura dell’esito. Che in fondo ai cittadini magari interessa pure essere sicuri che quelli che si candidano a governarli non siano completamente deficienti, oltre che non si facciano – non sia mai – una canna ogni tanto”.
Immediate le repliche. Rucco via Facebook gli ha risposto: “Caro Jacopo Bulgarini d’Elci, condivido l’invito a verificare il quoziente intellettivo degli amministratori ed in effetti uno che a 50 anni viene beccato a fare compere di maria in Olanda come un ragazzino, come tu stesso lo hai bollato, è innanzitutto un mona, che in italiano significa più o meno poco intelligente. Solo che questo tuo amico fedelissimo sono dieci anni che proprio tu imponi alla città, prima come assessore alla cultura, poi come manager di una municipalizzata. Ed allora ti chiedo: visto che, come tu lo definisci, questo mona è solo opera tua, visto che questo mona senza Bulgarini si sarebbe occupato solo di altro, sei così sicuro che il test intellettivo per te non possa essere un boomerang? Lascia la coda di paglia a casa e stai sereno….”.
Anche Cicero, con una nota, ha risposto a Bulgarini: “Nessun problema, da parte mia, a sottopormi ad entrambi i test. Quello del QI ci mostra quanto ci ha donato il buon Dio e che ciascuno di noi, con i propri limiti, può mettere a frutto nell’impegno politico e amministrativo. Il test antidroga, invece, rischia di svelare comportamenti frutto della volontà di ciascuno, dannosi per sé e spesso anche per gli altri, elettori tutti compresi. Per amministrare serve intelligenza, certo, ma anche trasparenza e rettitudine morale, senza alcuna co-partecipazione di sostanze stupefacenti”.
Sulla vicenda, infine, è intervenuto anche il sindacato Cub, puntando il dito su Variati, accusandolo di aver “preferito nominare un suo amico piuttosto di selezionare uno dei tanti giovani ingegneri o laureati che le nostre università preparano e che troppo spesso sono costretti a cercare lavoro all’estero”.