La storia di Padre Silvano, una vita in missione
“Adesso che torno giù l’obiettivo è comprare venti ettari di campi per far lavorare i Pigmei congolesi, insegnargli a coltivare come si deve così che non muoiano di fame”. Sono solo alcuni dei pensieri che passano per la mente dello straordinario Padre Silvano Ruaro, religioso scledense di 78 anni, da 46 impegnato in attività missionaria nella Repubblica Democratica del Congo. Un uomo con schiena dritta ed energia infinita, tanti progetti da realizzare come se le primavere sulle spalle fossero molte meno.
Padre Silvano è nato nel 1938 a Monte Magrè, quando ancora i parti avvenivano nelle case dei privati e non all’ospedale. Figlio come spesso accadeva di una famiglia molto numerosa capì giovane che la sua vita voleva dedicarla a Dio, e venne ordinato sacerdote nel lontano 1965. Ma la sua esistenza non era destinata a consumarsi tra le mura sicure delle sagrestie e delle parrocchie vicentine. In seguito alla notizia dell’assassinio di un missionario nella Repubblica del Congo Padre Silvano infatti decise che là sarebbe stato il suo posto, la sua parrocchia. “Troppo facile qui – dice sorridendo – la fede si vede nella missione. O uno ce l’ha e riesce a resistere o impazzisce”.
Così a partire dal 1970 il religioso scledense è entrato a far parte della congrega missionaria dei Dehoniani, istituto fondato in Francia nel 1878. “Che fa evangelizzazione, non proselitismo – puntualizza Padre Silvano – noi viviamo assieme alle popolazioni più povere del mondo cercando di dargli sostegno, ma non costringiamo nessuno a convertirsi”.
Da quel momento e per i successivi 46 anni, ben più di metà della sua vita, Padre Silvano ha operato e opera tuttora nella Repubblica Democratica del Congo, enorme stato dell’Africa equatoriale passato sotto le forche della violenta dominazione belga, che a cavallo del Novecento fece più di dieci milioni di morti tra i locali. “Tutto per estrarre il caucciù dalle piante – conferma il missionario – una colonizzazione che ha creato danni inimmaginabili ai congolesi”. Per oltre 30 anni Padre Silvano è stato direttore di una scuola, dove ha seguito la crescita e la formazione di decine di migliaia di ragazzi, il futuro speranzoso di una nazione povera ma con enormi margini di sviluppo.
Quattro anni fa però, a dimostrazione di uno spirito sempre giovane e mai fermo a dispetto dell’età che come per tutti avanza, Padre Silvano ha cambiato missione, spostandosi nella piccola città di Nduye, nel nord-est del Paese. Luogo immerso nella foresta equatoriale dove vive una cospicua comunità di Pigmei, che sarebbero gli abitanti originali del Congo, al pari degli aborigeni australiani nella terra dei canguri. “Sono circa seimila persone che vivono ai margini della civiltà – prosegue il religioso – senza qualsiasi tipo di tecnologia, fermi alla vita dell’età della pietra. Muoiono giovani di malattie banalissime e vivono nella foresta, che è l’unico luogo che conoscono”. Una comunità di cui il governo congolese non si cura minimamente, considerata un corpo estraneo alla vita dello Stato. In questo contesto si è dunque collocata l’opera di Padre Silvano, che con pazienza negli anni sta cercando di migliorare la qualità della vita di queste persone. Un’impresa titanica che parte dalle basi concettuali più banali. “Non hanno idea di cosa sia la proprietà privata – dice ancora – e nemmeno conoscono l’agricoltura”. Una situazione primitiva che il missionario sta cercando per quanto possibile di attualizzare, combattendo la sua personale battaglia contro Golia, insegnandogli la coltivazione, che può fornirgli il cibo necessario per non morire di fame come spesso accade. Un salto culturale che l’Occidente ha fatto attraverso migliaia di anni condensato in un tempo brevissimo, con tutte le difficoltà che può comportare. “Qui anche la morte di una capra può significare la rovina – spiega – dato che gli animali sono una riserva di capitale enorme. Quest’anno abbiamo avuto grossi problemi con un leopardo che aveva aggredito un nostro gregge. Siamo riusciti ad ucciderlo con enormi sforzi, ma la situazione è sempre al limite”.
Autorità assenti, difficoltà quotidiane dovute alla scarsità di mezzi e supporto economico (inesistente per i missionari dehoniani, che raccimolano di persona le donazioni per sostentare le missioni). Ma nonostante tutto Padre Silvano non si scoraggia, e dall’alto delle sue 78 primavere è pronto a ripartire ancora per il “suo” Congo. “Non sono affatto stanco, anzi ci sono tante cose da fare ancora – conclude – questa settimana ritorno giù, l’obiettivo è comprare 20 ettari di terra, vediamo se riusciamo a spiegargli che coltivando la terra e col duro lavoro si può sopravvivere”.