Liquidazione delle popolari venete, Ciambetti: “Una rete di connivenze e complicità”
“Amarezza? Certo. Preoccupazioni? Molte”. Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, commenta così lo scenario del “sistema creditizio regionale – ha detto Ciambetti – dopo la soluzione della liquidazione coatta amministrativa decisa dal governo per le Popolari venete. La prima preoccupazione è per i risparmiatori, le nostre imprese e i dipendenti, che non devono essere chiamati a pagare colpe, anche gravissime, altrui. Quindi garanzie ai cittadini e alle famiglie, ma anche garanzie alle imprese che non possono essere chiamate a rientrare da affidamenti o prestiti in tempi ristretti”.
“Errori in questa vicenda – continua Ciambetti – ce ne sono stati troppi e non deve venir mai meno l’esigenza di far chiarezza e far emergere, e punire duramente, i responsabili di questa storia. Tutti i responsabili, compresi quanti avrebbero dovuto vigilare e intervenire per tempo: si intuisce un disegno di una rete di connivenze, silenzi e complicità davanti alle quali lo scandalo della Banca Romana a fine Ottocento è ben poca cosa. I governi Renzi e Gentiloni hanno anche loro non poca parte e in questo caso, pensiamo anche solo al grave ritardo con cui hanno operato, ed è necessario capire se siamo davanti, nel loro caso, a imperizie, negligenze, incapacità o che altro. Sorprende che il Parlamento davanti a questo scenario non solo abbia atteso sine die la costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta ma non abbia accelerato nel ritorno alla netta di distinzione giuridica fra l’attività bancaria tradizionale e quella d’investimento”.
A chi gli chiede se un autonomista come lui non prova imbarazzo nel vedere lo stato intervenire nel salvataggio delle Popolari venete, Ciambetti replica che “la materia bancaria è sempre stata di competenza statale e se è potuto crescere un bubbone di queste dimensioni è stato perché chi doveva intervenire non è intervenuto, chi doveva vigilare non ha vigilato, chi doveva indagare non ha indagato: sorge il sospetto, anzi, che le due Popolari siano state uno strumento utile a molti e a troppi. Se volete una serie di indirizzi a cui rivolgervi iniziate da Palazzo Koch e passate poi a Palazzo Chigi. Ad essere travolta nel crack della Popolari c’è tutta una classe dirigente che guarda caso ha sempre guardato alla Lega e all’autonomismo con altezzosa supponenza e non s’è mai risparmiata critiche contro il processo autonomista. Nei Cda delle banche sedevano imprenditori noti per aver attaccato sistematicamente la Lega e sistematicamente sostenuto avversari di Zaia. Del resto – conclude Ciambetti – non sono stati sindaci leghisti a dare la cittadinanza onoraria a Consoli né ci sono foto di Zonin e soci ai gazebo leghisti. Cosa, quest’ultima, che altri partiti non possono dire”.