“No”, una sillaba che non può essere fraintesa
“No” e poi “Fermati”.
Due parole. Semplici, dirette, chiare, senza possibilità d’essere fraintese.
Queste innocue due paroline sono solitamente l’introduzione ad un atto non voluto, non cercato, non desiderato, quale è la violenza sessuale. Sono gli stop che inizialmente vengono pronunciati, fin da subito, fin prima del non insolito blocco corporeo ed emotivo che scaturisce da comportamenti troppo invadenti. E viene solitamente chiesto se sono state pronunciate, per riuscire ad inquadrare la situazione e definire quest’invasione come una violenza. Di consueto e di buon senso, dovrebbe bastare anche un solo “no”. Purtroppo, spesso e volentieri, vengono soprassedute, non ascoltate, risuonano vuote e sono pronunciate invano, in quanto l’atto violante viene comunque compiuto, nonostante la resistenza fisica, emotiva, comportamentale. Il rispetto dell’altra persona è scavalcato da pura cattiveria e violenza, che non trovano alcuna giustificazione.
Com’è possibile che la volontà di una persona non venga considerata? Com’è possibile che tanta violenza si concentri in un essere umano nei confronti di un altro, indifeso e in una posizione di svantaggio e pericolo imminente? Cosa spinge a compiere certi atti, non lo posso sapere. Ma cosa si prova dall’altra parte, cosa si vive in certi momenti, è cosa più intuitiva. Essere violentati non è questione puramente fisica: si parte dal corpo, ma in una frazione di secondo si arriva alla testa, alle emozioni, ai principi. Dall’esterno all’interno, insomma. Un corpo violato è un corpo che smette di esistere in quanto proprietà e diviene oggetto. Oggetto di perversione, di sfogo, di improprio utilizzo per i propri comodi. Un corpo violato diviene fin da subito una mente violata, un’esistenza rovinata. Non si parla solo di quegli interminabili minuti, ma di una tortura che si protrae per anni, nonostante ci si lavori in terapia e si chieda aiuto. Questa violazione ha dunque risvolti in ogni ambito: relazioni d’amicizia e non, fiducia nell’altro, apertura, rapporti intimi, concezione e rispetto di sé stessi. Nella maggior parte dei casi non si riesce a colpevolizzare il responsabile di tanta brutalità, ma ci si punta il dito contro e ci si incolpa, si crede d’aver dato in qualche assurdo modo la possibilità e la licenza all’altro di usarci, di violarci. Sempre se ci si permette di riconoscere tale fatto come grave e indiscutibilmente danneggiante. Molte persone infatti non riescono ad ammettere in primis a sé stessi, figurarci agli altri, l’accaduto. Si nega, il cervello per proteggersi dimentica o sorvola. Ci si stacca dalla percezione del sé e si soprassiede sull’evento traumatico. Altro paio di maniche è, una volta presa coscienza, parlarne e chiedere aiuto. C’è chi non riuscirà mai a parlarne e chi aspetta anni il momento più adatto, le parole più giuste: la vergogna e i sensi di colpa hanno la meglio sull’urgenza di correre ai ripari prima che sia troppo tardi. E si teme che l’ascoltatore non accolga il nostro sentire, la gravità, sminuisca o colpevolizzi rincarando la dose.
Si potrebbe parlare all’infinito del tema della violenza sessuale o altre. Ma non è questo il luogo, né sono io la persona più adatta a farlo. Lascio questo compito agli specialisti. Ma ci tenevo a dare il mio contributo sulla tematica, per far sì che se ne parli, che non si dimentichi, che si consideri e ci si ragioni su.
Mi permetto di aggiungere solo un piccolo consiglio: parlatene, fin da subito, chiedete aiuto. Gli sportelli che si prestano ad affrontare questi argomenti sono molteplici, e sparsi in tutto il territorio. La privacy deve ed è rispettata senza alcuna eccezione. Certo, a violenza subita non si può scappare, ma ci si può tutelare. Troppi sono i risvolti negativi su cui questi episodi dilagano all’interno della vita del soggetto violato. Troppo alto è il costo per un errore altrui. Non è giusto dare un ulteriore peso alla propria anima. Il silenzio non aiuta. Tenersi tutto dentro è deleterio. Farsi sorreggere è d’obbligo.
“NO”. Dobbiamo far il possibile perché questa sillaba sia sufficiente. Lo deve essere. Prevenire è necessario. Aiutare è vitale.