Per Lidija Miljkovic lutto cittadino e bandiere a mezz’asta a Schio. Il Piano della Regione per le donne
Lutto cittadino e bandiere a mezz’asta a Schio per la morte di Lidija Miljkovic, uccisa a colpi di pistola dall’ex marito a Vicenza poco dopo che l’uomo, mercoledì, aveva ucciso anche la nuova compagna, Gabriela Serrano.
“Interpretando il sentimento della popolazione, profondamente colpita dalla brutale uccisione di Lidija Miljkovic, residente a Schio, l’amministrazione comunale ha proclamato il lutto cittadino fino al giorno del funerale. Nel frattempo le bandiere sugli edifici comunali saranno esposte a mezz’asta”. E’ il messaggio che arriva dal Comune dove Lidija risiedeva con i suoi genitori e i due figli, di 13 e 16 anni, rimasti improvvisamente orfani.
Un segnale di rispetto nei confronti dell’ennesima vittima di femminicidio e della sua famiglia, del suo compagno e degli amici, che ora invocano almeno una parvenza di giustizia.
“Un delitto annunciato”, è il mantra che si ripete in questi giorni, soprattutto da chi conosceva Lidija e conosceva la paura che aveva di Zlatan Vasiljevic, ex marito 42enne di origini bosniache.
“Noi lo abbiamo detto mille volte che quello era un uomo violento, malato, psicopatico e che quelle minacce voleva portarle a termine”, aveva dichiarato al Corriere della Sera Nemanja Miljkovic, fratello di Lidija.
E solo tre giorni prima della tragedia nella cassetta della posta in viale Milano a Schio, era stato depositato un biglietto anonimo: “Ciao Lidija. Non andare in giro. Sei in pericolo grave”. Un avvertimento che però non è bastato.
A Schio la cittadinanza segue attonita le notizie sull’efferato delitto costato la vita alle due donne e l’amministrazione comunale ha deciso di dare un segnale forte, non solo per ricordare la vittima ma anche per schierarsi contro ogni forma di violenza.
Il Piano della Regione
“La rete è capillare ma faremo ancora di più”. Con queste parole Manuela Lanzarin, assessore regionale alla Sanità del Veneto, ha annunciato il piano da 3,3 milioni di euro della Regione contro la violenza sulle donne. Il Piano 2022 del Veneto – fa notare l’assessore alla Sanità – è estremamente articolato e contiene numerose linee d’intervento, fermo restando che la realtà ci sta dimostrando come si debba tentar di fare ancora di più, sempre di più, anche sul piano culturale come elemento di prevenzione”.
Il Piano prevede iniziative per superare le difficoltà connesse all’emergenza Covid e sostenere la ripartenza sociale ed economica delle donne nel loro percorso di fuoriuscita dal circuito di violenza; rafforzamento dei servizi pubblici e privati attraverso interventi di prevenzione, assistenza, sostegno e accompagnamento delle donne vittime di violenza; interventi per il sostegno abitativo, il reinserimento lavorativo e l’accompagnamento nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza; azioni per migliorare la capacità di presa in carico delle donne migranti anche di seconda generazione vittime di violenza; progetti rivolti anche a donne minorenni vittime di violenza e a minori vittime di violenza assistita; azioni di formazione, comunicazione e informazione; programmi rivolti agli uomini maltrattanti, anche a seguito dell’emanazione di linee guida nazionali. A tutto questo aggiungiamo una rete antiviolenza composta da più di 90 strutture per aiutare le donne che vanno dagli sportelli antiviolenza fino alla disponibilità di residenze a indirizzo protetto”.
“La brutalità lascia sempre sgomenti, ma lo sgomento, dopo le parole, deve trovare risposta nei fatti”, è il commento di Luca Zaia, governatore del Veneto. “Occorre difendere le donne – prosegue il presidente – e formare, anche se pare impossibile nel terzo millennio, una reale cultura del rispetto della donna, partendo dai ragazzi e, nel frattempo, garantire un porto sicuro alle ragazze e alle madri vittime di violenza che, purtroppo, accade in gran parte tra le mura familiari o all’interno di rapporti di coppia. Con le nostre decisioni intendiamo attuare azioni che possano incidere profondamente sul presente e sul futuro di tante ragazze, donne, madri, mogli, che si trovano a vivere un’esperienza devastante”.
A Vicenza e Padova i numeri più alti
A Vicenza e Padova il numero maggiore di case rifugio. Nelle due province sono 8 infatti, rispetto alle 3 di Verona, Venezia e Treviso e alle 2 di Belluno. Attualmente in Veneto sono operanti 26 Centri antiviolenza (Cav) e 38 sportelli dedicati; complessivamente 64 punti di ingresso a cui le donne possono rivolgersi. La rete comprende, poi, 28 case rifugio per un totale di 76 camere. Queste ultime sono residenze a cui la donna può ricorrere, anche in compagnia di figli minori, e interrompere il rapporto violento conducendo una vita in sicurezza.
“Tra le case rifugio 16 sono di tipo A ossia ad indirizzo segreto – aggiunge l’assessore Lanzarin -. Tutta la rete è in linea con un’offerta vasta che per essere sempre più performante conta su un valido coordinamento. Anche per questo assume notevole rilevanza il Tavolo di coordinamento regionale per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne, insediatosi il febbraio scorso per riunire rappresentanti di tutti gli enti istituzionali, come quelli locali, le Prefetture, le forze dell’ordine, l’Ufficio Scolastico, l’Anci, l’Università, le istituzioni sanitarie e sociosanitarie e anche la Corte d’Appello”.