Processo Pfas: chiesti oltre 120 anni per 9 dei 15 imputati. “Tutti erano consapevoli”
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121 anni e 6 mesi di pena complessivi per 9 dei 15 imputati per il processo Miteni: è questa la richiesta presentata oggi, al termine di una requisitoria durata quattro ore, dal pubblico ministero Hans Roderich Blattner del processo contro i vertici della Miteni di Trissino, chiamati a rispondere del più grave caso di avvelenamento dell’acqua da Pfas in Europa, di disastro ed inquinamento ambientale.
Il conto presentato dell’accusa alla Corte d’Assise di Vicenza pm indica le richieste maggiori di pena – tra 16 e 17 anni a testa – per i due ex manager giapponesi di Mitsubishi e per quattro ex vertici della società lussemburghese Icig.
“Tutti erano consapevoli dell’inquinamento della falda che si propagava tra le province di Vicenza, Verona e Padova – ha spiegato Blattner – ma alcuni non tanto da incidere sulle scelte da prendere”: per questo per gli altri sei imputati, due giapponesi di Mitsubishi e quattro ex dipendenti Miteni, c’è stata quindi la richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Al centro del gravissimo e prolungato inquinamento ci sono sia i vecchi che i composti più recenti. L’inazione, consapevole, del management è stata spiegata in modo secco da Blattner, che ha spiegato quanto accaduto usando la similitudine della spugna imbevuta di veleni e di un rubinetto da cui questi escono: “La governance di Miteni avrebbe dovuto in tempi non sospetti chiudere i rubinetti, togliere la spugna, ripulire tutto, ossia fare una serie di investimenti che non ha mai fatto. Le scelte imprenditoriali sono state tossiche tanto quanto gli sversamenti effettuati in questi anni” ha detto il pm vicentino.
La società Miteni è stata ritenuta da Blattner responsabile anche del reato di bancarotta fraudolenta: 125 mila euro di condanna, più la confisca di 437mila la sua richiesta. Stessa somma, quest’ultima, da confiscare anche a tre imputati, ex vertici Icig.
Insoddisfatte la associazioni no–pfas e ambientaliste presenti in aula, che contestano l’assoluzione di sei indagati e che dal 7 febbraio sono presenti con un presidio fuori dal tribunale.
“120 anni di condanne – commenta Cristina Guarda, deputata dei Verdi al Parlamento Europeo – non restituiranno la salute sottratta alle oltre 350 mila persone avvelenate, né purtroppo ci riporteranno i nostri 4 mila morti a causa dell’inquinamento da Pfas. Eppure, le condanne richieste dalla Procura di Vicenza confermano che avevamo ragione, le responsabilità c’erano e debbono essere sanzionate. Auspichiamo quindi che la sentenza confermi le richieste dei pm e ci riserviamo di approfondire le ricostruzioni alla base delle richieste di assoluzione”.
“Avvelenamento delle acque, disastro ambientale, gestione non autorizzata di rifiuti, inquinamento ambientale e bancarotta fraudolenta: i reati per i quali i pm hanno richiesto condanne da 4 a 17 anni sono gravissimi. E la requisitoria – aggiounge Guarda – ha chiarito le dimensioni dell’inquinamento, dovuto a un comportamento definito doloso e criminale. Il lavoro dei pm è ancor più prezioso se si considera come il quadro normativo italiano e europeo sia ancora oggi del tutto inadeguato a contrastare l’inquinamento da Pfas, visto che gran parte delle sostanze sfuggono ancora ai divieti. L’Unione Europea deve approvare con urgenza la proposta di restrizione universale dei Pfas, attualmente al vaglio dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa), che continua ad essere rimandata a causa delle pressioni delle lobby industriali. Da Vicenza a Bruxelles continuerò a lottare per un’Europa libera da Pfas”.