“Serve educazione finanziaria, il caso-BpVi insegna”: parla il consulente che fece la foto a Zonin
“Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono di fatto fallite: questa non è una notizia, ma un cambio di paradigma. Non credo la vicenda da un punto di vista delle conseguenze sia finita, i danni economici e sociali sono enormi. Primo perché a differenza di altre regioni d’Italia in Veneto sono fallite due banche, non una: le famiglie venete se non avevano azioni BpVi avevano quelle Veneto Banca. Secondo, non dobbiamo dimenticare che oltre alle azioni o obbligazioni il resto del patrimonio delle famiglie era allocato su immobili. Il vicentino che fino a 2, 3 anni prima dello scoppio dello scandalo era ricco, in due anni ha visto polverizzato il patrimonio, quindi l’impatto della crisi è stato devastante per l’economia del Paese e della città. Certo, col senno di poi son tutti bravi a dire che cosa bisognava fare: ma le persone che hanno costruito un risparmio lo hanno fatto basare su tre pilastri e in passato questo ha sempre funzionato”.
Quali erano questi pilastri?
“Il primo era il conto in banca e il depositario di fiducia era il direttore di banca: amico di famiglia spesso, e i nostri padri e nonni hanno sempre creduto che la banca fosse la cassaforte di famiglia. Il secondo pilastro era lo Stato che con un patto generazionale garantiva il rimborso del debito pagando ricche cedole. Terzo pilastro: l’immobile, il mattone, che nell’economia di una famiglia rappresentava l’asset reale di diversificazione delle proprie sostanze. Ma ad un certo punto tutto ciò non ha più funzionato: l’immobile si è svalutato nella migliore delle ipotesi, nella peggiore non ha mercato quindi vale zero; la banca ha azzerato il valore delle azioni; infine lo Stato grazie alla Bce ti chiede credito e addirittura te lo fa pagare, essendo gli interessi negativi. Si è verificato tutto ciò che nel “mondo precedente” era impossibile. La lezione che apprendiamo è che l’investitore molto spesso commette l’errore di sopravvalutare l’evento meno probabile. Che in questo caso significa: le banche non falliranno mai; gli Stati rimborsano sempre i propri debiti e pagano gli interessi; l’immobile non perderà mai valore anzi guadagnerà per sempre. Questo è quanto è accaduto in Veneto e non solo”.
Guardando al futuro, cosa possiamo imparare come vicentini da questa storia, da un punto di vista finanziario?
“La vicenda delle banche venete e non solo – con la vendita delle azioni e obbligazioni subordinate a tutti indistintamente senza distinzione di età, profilo di investimento, obiettivi, propensione al rischio dei clienti – ha portato drammaticamente all’attenzione di tutti il valore dell’ educazione finanziaria. E’ un tema di fondamentale importanza nel processo di investimento, ma è pur sempre una condizione necessaria ma non sufficiente per poter amministrare e gestire in modo oculato le proprie sostanze patrimoniali, siano esse finanziari che reali. Per educazione finanziaria s’intende il processo mediante il quale i consumatori migliorano la comprensione dei prodotti finanziari e acquisiscono una maggiore conoscenza dei rischi finanziari e delle opportunità del mercato, adottando le decisioni economiche sulla base di un’adeguata informazione. Si consideri che sia l’investitore professionista come il buon padre di famiglia commettono degli errori nelle scelte di investimento. Dunque la gestione del patrimonio non può essere guidata solamente dell’unico obiettivo del “guadagnare tanto e subito senza rischiare”. A mio avviso la gestione del patrimonio di famiglia può essere paragonata ad un farmaco: serve a curare un bisogno collegato al benessere personale. Come ogni farmaco, uno strumento finanziario produce dei risultati sperati se si seguono adeguate indicazione sulla posologia e sugli effetti collaterali. Ecco perché è necessario farsi supportare da uno specialista in grado di capire i veri bisogni di ogni famiglia attraverso un rigoroso processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni”.
Qual è il modo giusto per “educare” alla finanza?
“Se pensiamo a come sta cambiando il contesto economico e sociale anche a causa del cambio generazionale, e se immaginiamo a come si stanno delineando le traiettorie di vita delle nuove generazioni (ad esempio i Millenials), credo che sia arrivato il momento di introdurre anche la tematica relativa alla gestione del debito. Abbiamo commesso degli errori in passato a non preoccuparci della gestione del risparmio: come dicevamo prima, delegando a terzi (Stato – Banca – Immobile) la custodia e l’amministrazione del nostro patrimonio che via via si formava nel tempo grazie a tanti sacrifici. Oggi è sempre più difficile proiettarsi in un mondo dove alcune certezze del passato sono venute meno, ad esempio il lavoro. Inoltre l’innovazione tecnologica accorcia sempre di più il ciclo di vita dei prodotti e ha cambiato la modalità di come vengono erogati alcuni servizi. Tutto questo comporta un aumento della spesa per i consumi assorbendo una maggiore quantità di reddito, con il risultato di ridurre la capacità di risparmio per le famiglie: in molti casi per poter soddisfare determinate esigenze si vedono quasi “costrette” a ricorre al debito. Per questo credo sia opportuno introdurre anche il tema della gestione del debito: intesa come educazione alla gestione del budget familiare, che va ad integrarsi con il processo più ampio che riguarda la pianificazione finanziaria familiare. In un’accezione più ampia per “educazione finanziaria” si dovrebbe intendere il processo mediante il quale le famiglie migliorano la comprensione dei propri bisogni e acquisiscono una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo, adottando le decisioni economiche sulla base di un’adeguata informazione affinché si possa mantenere un adeguato ben-essere”.