Spettacolando – Vicenza Jazz, musica e sole in un clima di ritrovata convivialità
La ventiseiesima edizione di Vicenza Jazz si è chiusa pochi giorni fa con un successo su tutta la linea: al botteghino come nello spirito degli spettatori.
Nella varietà degli scenari musicali, di fronte a spettacoli di ogni tipo torna ricorrente la domanda: ma questo è jazz? La risposta migliore è sempre: non lo, so, ma se non esistesse il jazz, non suoneremmo questa musica (cit.).
Che si sia seduti nel nobile Teatro Olimpico, in una delle due sale del Teatro Comunale, a cena a Borsa (sempre il punto di riferimento più importante dei concerti gratuiti) come in piedi a bere una birra ( o a ballare) al Bar Astra, poco importa.
Il jazz, lo fanno le persone che ascoltano, e, certo, i musicisti.
Il respiro di questa edizione ha seguito una strada più europea, ad ogni latitudine; il jazz è come le lingue, in continua evoluzione e senza barriere geografiche.
Come in pieno stravolgimento (finalmente) è il concetto che questa musica sia appannaggio del sesso maschile: Roni Kaspi, alla batteria, è forse il nome che nessuno potrà mai più dimenticare. Un viaggio capace di cambiare l’anima di chi l’ascolta, portando ad apici di liberazione che solo certa musica è capace di fare. Rock, elettronica e classica assorbiti in un paio di assoli da leggenda.
E’ il jazz del nord Europa, di Rava e Hersch, degli omaggi a Mingus, e (come sempre) di Riccardo Brazzale, voce di ogni presentazione ai concerti in teatro, capace di trasmettere al pubblico passione e competenza, come di predisporre all’ascolto. Perché il jazz è segnato prima di tutto da persone e storie, oltre che da grandi musicisti.
Il jazz vicentino si chiude all’osteria da Carletto, nell’ultimo pomeriggio di un Vicenza Jazz mai così soleggiato. E’ la tromba di Carletto stesso a salutarci con una jam session niente male, come dire: grazie e all’anno prossimo. Il jazz siamo tutti noi, e non serve neppure dirlo.
Paolo Tedeschi